Giocare ai videogiochi aiuta spesso a distendersi da una giornata pesante oppure a evadere un po' dalla routine quotidiana. Eppure, nonostante tali premesse, molti giocatori non incontrano un ambiente amichevole e rilassante quando giocano online, a causa di alcuni comportamenti scorretti a opera di altri utenti. Così, uno studio americano ha voluto approfondire quali sono le tendenze considerate più "tossiche".
Secondo gli autori della nuova ricerca, i dibattiti sulla tossicità nei giochi possono essere più complessi e ricchi di sfumature di quanto spesso si riconosca.
I videogiochi online utilizzano i cosiddetti "sistemi di matchmaking" per abbinare i giocatori in una stessa "stanza" in base alle loro abilità. Il fenomeno dello "smurfing" si verifica quando alcuni di essi "aggirano" questi sistemi, creando nuovi account in modo da poter giocare contro persone di abilità inferiore. I giocatori di videogiochi online ritengono che tale comportamento sia certamente il più tossico per le community di gioco, sebbene la maggior parte di essi abbia ammesso di averlo fatto. Questa pratica è diventata oggetto di un ampio e controverso dibattito in rete, perché alcuni utenti la difendono, mentre altri sostengono di come questa costituisca una vera e propria rovina di qualsiasi gioco.
"Questo studio suggerisce come questa pratica sia ormai comune, sebbene molti giocatori affermino di odiarla", ha dichiarato Charles Monge, autore dello studio e dottorando in comunicazione presso la Ohio State University. Monge ha condotto lo studio con Nicholas Matthews, professore assistente di comunicazione presso lo stesso ateneo. Secondo Monge e il suo team, il problema dello "smurfing" nei videogiochi è cresciuto solo di recente: per fare un esempio, Valve (nota azienda che, oltre a giochi di successo come Half-Life, è la proprietaria della piattaforma di distribuzione digitale Steam), ha bandito 90mila account all’interno del gioco DOTA2, dichiarando pubblicamente che "lo smurfing non è gradito".
Tuttavia, lo studio chiarisce come molti giocatori possano avere un rapporto più complesso con i comportamenti scorretti e che al contrario, stando ai dati emersi, sostenere che questi non siano graditi potrebbe costituire una semplificazione eccessiva secondo i ricercatori.
Le questioni esplorate in questo studio potrebbero avere un campo di applicazione più ampio, che si estende molto al di là del gioco: "I videogame possono offrire uno strumento molto potente per testare cose che non riguardano i giochi", afferma Monge. "Il modo in cui attribuiamo la colpa in un contesto online può permetterci di capire come le persone attribuiscano la colpa in modo più ampio. Gli scienziati sociali possono usare ambienti di gioco virtuali per testare le interazioni umane su scala di massa. Possiamo capire le persone in questi contesti sociali quando di solito la mente è una scatola nera".