Cento euro per convincerla desistere dal suo proposito di abortire. È la cifra che avrebbero offerto due volontarie di associazioni Pro Vita a una ragazza nella sala d'attesa dell'ospedale Villa Scassi di Genova. La ragazza "è stata avvicinata da due donne che, dopo averle chiesto a malapena chi fosse e dopo aver scoperto che di figli ne ha già tre, le hanno provato a fare la morale sulle ricadute psicologiche di un’eventuale interruzione. E le hanno offerto 100 euro per non farlo". Racconta al quotidiano "La Repubblica" un'amica che l'aveva accompagnata.
L'offerta in denaro -
La donna è di origine straniera e ha una storia familiare di vulnerabilità. Pochi giorni prima aveva fatto un test di gravidanza all'ospedale Galliera, aveva una profonda nausea e giramenti di testa troppo frequenti. Quando però aveva chiesto informazioni sulle alternative al portare avanti una gravidanza, si era sentita rispondere: "Qui non ti possiamo aiutare, queste cose non le facciamo". Così un'amica l'aveva accompagnata all'ospedale Villa Scassi. È qui, riporta Repubblica, che le due donne si sono imbattute in due attiviste delle associazioni Pro Vita che hanno offerto aiuto e denaro alla giovane, poiché "una vita non si butta via". "L’impressione è che volessero approfittare di una situazione di fragilità facendo leva sul lato economico", dice ancora l’amica. "Non abbiamo perso tempo a capire: siamo andate via", aggiunge. Il marito non sa della gravidanza "e lei non vuole coinvolgerlo". Saranno quindi le amiche a sostenere le spese della gravidanza fino all’eventuale aborto.
La replica dell'Associazione Pro Vita Famiglia -
"Siamo totalmente estranei alla vicenda", ha detto il portavoce di Pro Vita e Famiglia onlus che sottolinea l’assurdità della vicenda, ribadendo che "ciò che serve davvero sono riforme pubbliche strutturali in ambito lavorativo, fiscale e nei servizi sociali di tutela della maternità e dell'infanzia". Un'ulteriore smentita è arrivata anche da Villa Scassi che, contattata da Repubblica, fa sapere: "L'ospedale non ha autorizzato l'ingresso di rappresentanti di associazioni pro vita nei propri ambulatori o negli spazi interni, non ne è prevista in alcun modo la presenza e se fosse avvenuto avremmo immediatamente chiamato la sorveglianza".
Il commento "Le cause economiche e sociali che spingono una donna ad abortire non si risolvono nei consultori ma aumentando gli stipendi e lavorando sul congedo parentale" spiega Alice Merlo, attivista genovese che nel 2020 fu testimonial di una campagna per la Ru486. "Approfittare della vulnerabilità, pensando di comprare la nostra libertà è quanto di più violento si possa immaginare", dice Federica Di Martino, psicologa e creatrice del canale "Ivg, ho abortito e sto benissimo". E rispetto al caso di Genova, "le donne straniere vivono uno stigma plurimo, soprattutto in ambito riproduttivo. Fare propaganda sui corpi dei più vulnerabili è una politica pericolosissima".