L'Anm, l'Associazione nazionale dei magistrati, ribadisce il suo "no" alla separazione delle carriere, contenuta nella riforma della Giustizia firmata dal governo Meloni. È quanto si legge nel documento finale del congresso delle toghe. "La separazione delle carriere non è funzionale a garantire la terzietà del giudice, ma appare uno strumento per indebolire in modo sostanziale il ruolo del pubblico ministero e lascia presagire che venga agitata come strumento di ritorsione e minaccia nei confronti della magistratura", spiega il presidente Giuseppe Santalucia che si rivolge poi al ministro della Giustizia, Carlo Nordio: "Ci teniamo l'indipendenza che abbiamo già".
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"Solo con una formazione culturale comune si può attuare una giustizia migliore" -
"Il superamento dell'unica matrice culturale tra giudici e pubblici ministeri si tradurrebbe inevitabilmente nella rinuncia a valori nevralgici per la democrazia, e innanzitutto all'obiettivo della imparziale ricerca della verità che il pubblico ministero deve perseguire, come il giudice", recita il testo della mozione, approvata all'unanimità dall'Associazione nazionale di magistratura, a Palermo. "Separare il pubblico ministero dal giudice, quali che siano le modalità di tale separazione, distinguere le carriere all'accesso e dal punto di vista ordinamentale, separare gli organi di autogoverno - viene scritto nel documento letto dal segretario generale di Anm Salvatore Casciaro - porterebbe alla istituzione di una figura professionale di 'pubblico persecutore', molto lontana dall'attuale organo dell'accusa, che, lo ricordiamo, oggi è preposto alla ricerca della verità ed è garante del rispetto delle prerogative dell'indagato, anche nella fase della raccolta delle prove da parte della polizia giudiziaria. Separare il pubblico ministero dal giudice avrebbe gravissime ripercussioni sull'obbligatorieta' dell'esercizio dell'azione penale indispensabile per l'attuazione del principio di eguaglianza del cittadino dinanzi alla legge". "Alla logica "della separazione - sottolinea il documento a lungo appluadito dai magistrati - l'Anm vuole contrapporre la logica della condivisione. La matrice culturale della giurisdizione deve essere strettamente condivisa tra giudici, avvocati e pubblici ministeri, perché solo attraverso una formazione culturale comune e la circolarità delle esperienze potrà realizzarsi una giustizia migliore e più giusta".
La denuncia di Conte -
"Si unisce al coro del "no" anche il leader del M5s Giuseppe Conte, che attacca la riforma della separazione delle carriere. "Questo congresso si colloca in un momento estremamente difficile per il nostro paese. Il governo ha trovato un punto di equilibrio nello stravolgimento della Costituzione: vogliono un premier che assommi in sé poteri rafforzati, esautorando la figura del Capo dello Stato emarginando il parlamento e assoggettando i magistrati alla figura del potere politico", afferma il leader M5s nel corso del suo intervento al congresso nazionale dell'Anm. "Pensare di realizzare un ordinamento costituzionale incentrato sulle prerogative del potere politico è una cosa che non si è mai vista nel mondo e va denunciata con forza", osserva ancora.
"Svolta autoritaria presenta assonanze con progetto della P2" -
Quindi spiega Conte come si sia a un "bivio storico per il nostro Paese. Il governo, insieme alle forze di maggioranza però hanno trovato un punto di equilibrio. Io l'ho definito subito il 'pactum sceleris' perche é un compromesso di potere destinato a garantire la permanenza nel governo delle proprie funzioni. Ciascuna delle forze di maggioranza ha individuato un pilastro della Costituzione da riscrivere con il risultato complessivo di stravolgere le fondamenta stesse su cui è stata eretta la nostra architettura costituzionale". Poi Conte sottolinea come quello in atto sia "un processo di accentramento e di ridistribuzione dei poteri in senso verticistico. Difficilmente questo disegno potrà completarsi con una magistratura indipendente. Di qui la prospettiva della separazione delle carriere e la riforma del Csm, la revisione dell'obbligatorietà della legge penale. Sono tutti corollari di un medesimo disegno riformatore. È evidente che la svolta autoritaria presenta assonanze con il progetto di rinascita democratica della P2".
Lega: "Rivedere l'obbligatorietà del processo penale" -
"Il problema è il processo nella fase preliminare, in cui un cittadino qualunque ha una sproporzione di mezzi rispetto allo Stato, senza una effettiva possibilità di difesa. Il sistema processuale accusatorio è stato introdotto nel 1988 con la riforma del Codice di procedura penale, che non ha visto poi una riforma sostanziale del ruolo del procuratore della Repubblica rispetto a prima, quando c'era il processo inquisitorio". Così il capogruppo della Lega alla Camera, Riccardo Molinari. "Questo è il tema tecnico e politico che ha sempre posto il ministro Nordio: è un problema di garanzia, libertà e diritti dei cittadini. Lo Stato ha un potere assoluto nella fase iniziale rispetto al cittadino. Come affrontarlo? Con la separazione delle carriere, rivedendo l'obbligatorietà dell'azione penale, pensando a un ruolo diverso del pubblico ministero, che in altri Paesi risponde alle direttive del ministro della Giustizia. Qua solo accennarlo diventa un attacco alla magistratura: non è così, si vuole solo risolvere i problema".