FOTOGRAFIA LIQUIDA

World Cocktail Day, raccontare i drink con le foto

Anche con i cocktail, come con i piatti, l'occhio fa sempre la sua parte

Il World Cocktail Day, è la giornata che celebra quel 13 maggio del 1806 in cui venne utilizzato per la prima volta il termine “cocktail”. Questa ricorrenza invita a riflettere non solo sulle radici storiche dei cocktail e sulle varie influenze culturali che hanno contribuito alla loro evoluzione nel corso dei secoli, ma anche al giorno d’oggi di come la sua essenza venga riflessa in primis nell’estetica. Molti tra di noi infatti approfitteranno del World Cocktail Day per andare nel proprio bar preferito a fare un bell’aperitivo. E visto che siamo nel ventunesimo secolo, chissà quanti di noi prima del primo sorso tireranno fuori il proprio telefono e faranno una foto al drink per pubblicarla sui social. Ebbene sì, oggi la comunicazione visiva nel mondo del bar è importante come l’impiattamento nell’alta cucina, e proprio per questo chi sta dall’altro lato del bancone sta sempre più attento alla scelta del bicchiere, alle cromie dei liquidi e alle garnish proposte.

E se ognuno di noi quando si trova davanti questi meravigliosi cocktail vuole preservarli in una foto, c’è chi del rendere immortali i drink ne ha fatto la propria professione: si tratta di Michele "Mike" Tamasco fotografo e videomaker specializzato in food, mixology e lifestyle, che ormai è da anni reputato uno dei migliori in Italia nella fotografia “liquida”, seguendo Cocktail Bar in tutta Italia più numerosi progetti come le varie Cocktail Week più rilevanti a livello nazionale. Le sue foto sono state protagoniste di svariati progetti editoriali e mostre. Lo abbiamo intervistato per sapere cosa significa fotografare i cocktail, e per farci svelare i suoi segreti per rendere immortali anche i nostri scatti del World Cocktail Day:

Mike, come ti sei avvicinato al mondo della fotografia riferito al mondo del bar?

Ho intrapreso questa professione di fotografo mosso dalla curiosità e dalla voglia di vivere al di fuori degli schemi ordinari, ma non ero un esperto di bar nello specifico. Ripensando a quando ho iniziato, mi rendo conto che il percorso ha preso direzioni imprevedibili ma decisamente soddisfacenti. Nei miei primi incarichi legati al mondo dei cocktail, mi sentivo spaesato, vedevo la passione e la competenza di chi stava dall’altro lato del bancone e temevo di non essere in grado di capire quali erano i momenti fondamentali o i focus da fotografare. Ho deciso di avvicinarmi con cautela a questo universo, del quale non ero un grande conoscitore, mi sono messo a studiare, a frequentare i bar nel mio tempo libero, a farne parte nella quotidianità.

Cosa hai imparato al bancone che non avresti mai potuto apprendere in studio?

Col tempo ho imparato che ciò che conta non sono solo le competenze tecniche (sebbene necessarie), ma anche l’attitudine e l’impegno con i quali si affrontano le sfide che si parano davanti. Creare una rete di connessioni, un vero contatto con la persona dietro al bancone, è sempre stato il mio obiettivo: ho creato relazioni umane che mi hanno portato a conoscere nel profondo chi fotografavo, frequentando anche al di fuori del ambito lavorativo i barman. Solo così si crea una sintonia che permette di lavorare serenamente, diventa quasi una danza dove fra me e il soggetto c’è solo una fotocamera che scandisce i momenti tra scatto e pause dovute al normale respiro di un bar, con clienti che magari interrompono questo rito. Solo in quel momento, quando la sintonia è al massimo fra me e chi è dietro al bancone riesco a concludere lo scatto che vorrei mi identificasse fra qualche anno.

Oltre all’aspetto umano, cosa distingue il tuo stile a livello tecnico?

Ogni fotografo e collega che conosco ha una sua firma, un tratto distintivo riconoscibile a primo impatto. Non parlo solo di un trend passeggero, ma di un vero e proprio stile. Quello su cui sto lavorando sono fotografie che in 1/1000 di secondo catturano una goccia che cade veloce dal mixing glass nella quale è racchiuso non solo quel momento, ma tutto il percorso che ci ha portato li. Come dicevo ero e sono curioso, ciò mi porta a studiare quale sarà il modo migliore per rappresentare il mio lavoro oggi e domani, e sono felice di poter approfondire questo mio percorso segnato da delle semplici gocce che da immortalare hanno tutto fuorché la semplicità. La curiosità può apparire sotto diverse forme, nel mio caso ha la forma di una goccia. 

Di Indira Fassioni