Lontano dalla folla che ogni giorno affolla Piazza San Marco, lontano dagli stereotipi della cucina per turisti, ma bagnata dalle stesse acque di laguna, a poco più di venti minuti di navigazione dall’isola principale di Venezia si staglia il profilo dell'Isola delle Rose. Questo luogo intriso di storia e bellezza naturale è stato creato artificialmente nel lontano 1870 per fungere da ospedale per malattie polmonari, e in effetti il posto perfettamente si presta al riposo visto che l'isola si erge come un'oasi di tranquillità tra le brezze marine con al centro un uliveto secolare.
Oggi il sanatorio non c’è più, ma al suo posto tra quelle mura meravigliosamente ristrutturate sorge Il JW Marriott Venice Resort & SPA, che vuole accogliere i suoi ospiti con una fusione di lusso e sostenibilità. La struttura, premiata dalla Forbes Travel Guide 2024, si impegna a offrire esperienze personalizzate all'insegna del relax, del benessere e della buona cucina, mantenendo sempre alta la bandiera della sostenibilità ambientale, e proprio da questa desiderata è nata da alcuni anni la collaborazione con uno dei ristoranti più iconici del triveneto, ovvero il bistellato "Agli Amici 1887" di Udine.
Sull’isola ecco dunque "Agli Amici Dopolavoro", che prende il nome dall’edificio degli anni Venti elegantemente restaurato dove sorge una meravigliosa cornice di sala e cucina diretti dallo chef Emanuele Scarello e sempre affiancato dalla sorella Michela. Come nel ristorante di Udine, anche nella Serenissima la proposta si distingue per una filosofia culinaria green e sostenibile. I piatti infatti sono preparati con ingredienti provenienti dall'orto dell'isola, incarnano l'impegno del resort verso la riduzione dello spreco alimentare e la promozione di una cucina a chilometro zero.
Nel quotidiano troviamo alla guida della brigata lo chef Riccardo Cera, che affiancato dagli Scarello, crea piatti ispirati alla laguna e al mare, utilizzando ingredienti freschi e di stagione provenienti dall'orto circostante. L'olio d'oliva, prodotto con le olive dell'uliveto dell'isola, conferisce ai piatti un sapore autentico e ricco, simbolo di un legame profondo con il territorio e con le sue tradizioni culinarie.
Due i menù proposti, uno che si ispira ai sapori della tradizione veneziana chiamato “LagunAmare”, e che ovviamente è principalmente trainato dal pesce (ma non solo) e l’altro dedicato al giardino che invece è vegetariano.
Nel primo troviamo piatti complessi nella loro semplicità, come il “Seppia alla brace e levistico” oppure i “Garusoli-erbe e brodo di mare, patate e ostrica”. Tra le portate più sorprendenti c’è la reinterpretazione di uno dei classici alimentari della città, ovvero la moeca, che abbandona la solita frittura per divenire interno per dei tortelli serviti con polvere di lattuga di mare, riso e limone.
Come detto, non solo piatti acquatici, notevole anche l’agnello servito con jus di cottura montato all'uovo e agrodolce di germogli di fichi. Dal menù vegetariano invece, sicuramente merita menzione lo straordinario “Spaghettone erbe del mare e lenticchie soffiate”, dimostrazione ancora una volta che saper lavorare il vegetale è un’arte che più si sviluppa meno ha da temere confronto.
Come ogni articolo in cui si parla di ristorazione, la nostra analisi potrebbe fermarsi qui, ai piatti serviti, ma in questo caso merita un approfondimento e un plauso extra il servizio di sala. Infatti negli ultimi anni si è molto parlato della difficoltà di trovare personale qualificato, in grado di raccontare al tavolo la passione della cucina e di rendere l’esperienza gradevole a livello di sala. Se a questo si aggiunge che JW Marriott Venice Resort & SPA ovviamente è un hotel che chiude per una parte della stagione invernale, ovviamente viene naturale pensare che molti professionisti preferiscano altri posti di lavoro, e che qui ci si deva accontentare dei così detti “stagionali”. E invece a solo un mese dall’apertura la squadra gira con la precisione di un ingranaggio, con attenzione al dettaglio e sorriso sulle labbra. Ed è da questi dettagli che si capisce l’ambizione e la serietà di un ristorante che non vuole solo essere una firma illustre nel firmamento dell’offerta della Serenissima, ma un destination place magico per il quale ben volentieri si sale in barca, attraversando le acque sapide di Venezia, per scoprirne l’ultimo, isolato e insulare segreto.
Di Indira Fassioni