Lo slogan è "Per il lavoro stabile, dignitoso, tutelato e sicuro ci metto la firma". Così la sigla guidata da Maurizio Landini punta a smontare l'impianto del Jobs Act, una riforma voluta dal governo Renzi e varata tra il 2014 e il 2016 per aumentare l'occupazione provando a liberalizzare il mercato del lavoro. Proviamo a capire qual è l'impianto generale oggi e cosa potrebbe cambiare con la proposta della Cgil.
Il Jobs Act introdusse il concetto di un contratto unico con tutele crescenti che prevede una protezione in caso di licenziamento illegittimo proporzionale agli anni di anzianità in azienda. Per ottenere questo risultato, l’esecutivo modificò lo statuto dei lavoratori, imponendo un periodo di 3 anni in cui ai contratti a tempo indeterminato non si applicavano le tutele dell’articolo 18 dello statuto dei lavoratori, che permette il licenziamento soltanto per giusta causa.
Nei casi di licenziamento nullo, discriminatorio o intimato in forma orale il dipendente ha diritto:
- alla reintegrazione nel posto di lavoro o, qualora non intenda riprendere servizio, spetta un’indennità pari a 15 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR;
- al risarcimento del danno subito attraverso l’erogazione di un’indennità. Questa va commisurata all’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione (con un importo minimo pari a 5 mensilità);
- al versamento dei contributi previdenziali da parte del datore di lavoro dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione.
L'altro fronte modificato dal Jobs Act è legato alle proroghe, quelle possibili per i contratti a termine erano state portate ad un massimo di cinque nell’arco di trentasei mesi. Tuttavia con il Decreto Dignità del 2018 il limite massimo è stato abbassato a quattro nell’arco di ventiquattro mesi, a prescindere dal numero dei contratti. In caso di superamento il Decreto stabilisce che il contratto a termine si trasforma a tempo indeterminato a partire dalla data di decorrenza della quinta proroga e non dall’inizio del rapporto.
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Quali sono i quesiti posti dalla CGIL e dove vogliono intervenire:
1: abolizione del contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti (decreto legislativo 23/2015, uno dei decreti attuativi del Jobs Act) e delle norme che impediscono il reintegro al lavoro in caso di licenziamenti senza giusta causa
2: abrogazione delle norme che limitano gli indennizzi nelle piccole imprese in caso di licenziamenti senza giusta causa
3: ripristino dell’obbligo di causale per i contratti a termine
4: abrogazione delle norme che impediscono l’estensione della responsabilità all’impresa appaltante in caso di infortunio sul lavoro
Entro l'estate il sindacato dovrà raccogliere 500 mila firme, per poi ottenere l'approvazione della Consulta sui quesiti. I cittadini hanno la possibilità di firmare ai gazebo predisposti dai sindacati o utilizzando Spid e CIE sul sito del sindacato nella sezione dedicata.