Scuole sponsorizzate come le squadre di calcio? Questo è il timore che ha indotto in alcuni osservatori un documento inviato agli istituiti dal Ministero dell’Istruzione e del Merito nelle scorse settimane - intitolato “Istruzioni per l’affidamento dei contratti di sponsorizzazioni nelle Istituzioni Scolastiche” - che racchiude le regole per permettere alle singole scuole di accedere a fonti di finanziamento private, dando in cambio visibilità alle aziende che investono. Da Viale Trastevere parlano di uno strumento che punta a uniformare la stipula e messa in opera di tali accordi e, per questo, ne hanno approfittato anche per avviare una consultazione tra gli stessi istituti, che vuole raccogliere pareri e suggerimenti.
Gli sponsor nelle scuole sono davvero pericolosi?
Qualcuno, però, ci ha visto una possibile fonte di storture per il sistema: secondo questa visione, a seconda dello sponsor che riusciranno a intercettare le scuole, si potrebbero creare delle forti differenziazioni. Con alcuni istituti che potrebbero contare su ampie risorse finanziarie, facendo la gioia dei propri alunni, e altri, più in difficoltà nel reperimento dei finanziamenti, destinati ad arrancare. Un po’ come avviene nello sport: chi ha gli sponsor migliori quasi sempre vince. Ma come stanno davvero le cose? Il sito Skuola.net ha cercato di fare un po’ di chiarezza.
Premessa fondamentale: bisogna sottolineare che non si tratta di una novità. È da oltre venticinque anni che, infatti, esiste per le istituzioni scolastiche la possibilità di imbastire delle contrattazioni individuali per arricchire la propria offerta formativa. A introdurla, nel 1997, addirittura la legge finanziaria. Inoltre, in base alla norma di dettaglio, proprio per evitare degli abusi ci si è premurati di fissare dei paletti ben precisi da rispettare.
Quali partner possono essere coinvolti e quali no
Innanzitutto, la selezione dei partner e delle offerte non può essere finalizzata a meri scopi commerciali ma deve essere diretta al conseguimento di un interesse pubblico. Da cui discende che l’attività legata allo sponsor non può in alcun modo “distrarre” da quelle didattiche e formative. Per questo, lato aziende o enti privati, la rosa dei possibili pretendenti si restringe a quanti, sia per il loro statuto che per la loro storia, abbiano in precedenza dimostrato particolare sensibilità all’educazione dei giovani. Un dato, questo, da far emergere in fase di autorizzazione all’attività, da approvare con delibera del Consiglio d’istituto.
E questo è solo un passaggio preliminare. Perché, anche quando si entra nel vivo della stipula del contratto, ci sono degli elementi non secondari di cui tenere conto. Non tutto, infatti, può essere oggetto di sponsorizzazione. Le attività ammesse sono codificate. E spaziano dal sostegno di manifestazioni culturali, sportive e artistiche alla fornitura di attrezzature, libri, laboratori e così via. Senza dimenticare interventi a supporto di alunni svantaggiati, diversamente abili, ecc.
Di contro, sono assolutamente vietate attività che potrebbero prevedere ogni qualsiasi forma di propaganda politica e religiosa, come anche sono esclusi sponsor dediti alla produzione o distribuzione di tabacco, prodotti alcolici, materiale pornografico o a sfondo sessuale. Chiaramente, poi, sono off-limits messaggi offensivi, incluse le espressioni di fanatismo, razzismo, odio o minaccia. A cui va aggiunta l’esclusione preventiva di quei soggetti che potrebbero avere un conflitto d’interesse tra l’attività pubblica svolta per le scuole e i propri affari privati.
Le regole pratiche per la sponsorizzazione
Dal punto di vista pratico, gli investitori possono essere contattati direttamente dalla scuola, magari avendo sondato prima il terreno, oppure gli istituti possono avviare una “gara” per attirare aziende ed enti interessati a finanziare dei progetti scolastici. Dopodiché, all’atto pratico, la sponsorizzazione può tradursi: in un pacchetto di contributi economici, nella fornitura - a titolo gratuito - di beni, attrezzature, servizi per classi e laboratori o, ancora, nella compartecipazione alle spese per la realizzazione di progetti vari (edilizia scolastica, rinnovamento tecnologico, attività di formazione, ecc).
Cosa devono, invece, dare in cambio gli istituti? Niente denaro ma visibilità. Che può manifestarsi sotto forma di un marchio, di un logo o di altri riferimenti allo sponsor da applicare sui beni al centro delle iniziative oggetto della sponsorizzazione o sul materiale pubblicitario (manifesti, volantini, sito internet, ecc.) delle attività “non materiali”. Oltre che nella pubblicazione nel sito web della Scuola dell’attività. A corredo, poi, ci potrebbero essere anche il posizionamento di una targa nei locali scolastici, nel caso ad esempio che lo sponsor finanzi un’aula informatica o una palestra. Mentre durante lo svolgimento delle attività ci potrebbe essere la distribuzione di materiale pubblicitario, brochure, volantini promozionali, gadget.
Infine, c’è da sottolineare che le scuole, qualora riscontrassero delle strane derive durante la sponsorizzazione, possono sempre tirarsi indietro. Ciò è consentito soprattutto nel caso in cui ci si accorga che il privato con la sua attività rechi danno all’immagine dell’istituto o quando lo sponsor non adempia completamente a quanto pattuito.
Alla luce di questo impianto normativo, l’unica vera stortura potrebbe provenire dalla capacità delle scuole di attrarre partner. Ma questo dipende da fattori vari: collocazione geografica, proattività dei dirigenti scolastici, indirizzo di studi, caratteristiche della popolazione scolastica. Aspetti spesso penalizzanti su tutta la linea, non solo in riferimento a questo capitolo. La domanda chiave, perciò, appare un’altra: eliminando tale possibilità, sarebbero più gli studenti svantaggiati o quelli avvantaggiati?