I sei ragazzi imputati per lo stupro di gruppo del 7 luglio 2023 al Foro Italico di Palermo saranno processati con il rito ordinario. Angelo Flores, Cristian Barone, Gabriele Di Trapani, Christian Maronia, Samuele La Grassa ed Elio Arnao sono accusati di violenza sessuale aggravata ai danni di una 19enne. Il processo si aprirà il 15 maggio davanti ai giudici della seconda sezione del tribunale di Palermo. I legali dei giovani avevano presentato richiesta di ammissione al rito abbreviato, condizionando l'istanza a una serie di nuove attività tra le quali l'esame in aula della vittima che il gup ha però respinto. La difesa dei sei imputati ha poi rinunciato all'abbreviato, optando per il dibattimento.
© Tgcom24
La richiesta di testimonianza di un amico della vittima -
Tre le istanze che i legali degli indagati, tutti in carcere dall'estate scorsa, avevano presentato: l'esame in aula della vittima; la perizia sul suo cellulare e la convocazione di un amico della ragazza che con lei aveva avuto uno scambio di telefonate e messaggi la notte degli abusi. La giovane, che ora vive in una comunità protetta e che è stata sentita dal giudice nel corso di un incidente probatorio alcuni mesi fa, non deve tornare sul banco dei testi, ha detto il gup, che ha anche escluso di sentire l'amico. Il ragazzo avrebbe dovuto deporre su una chiamata fatta alla giovane violentata all'una e 4 minuti della notte degli abusi, orario in cui la vittima stava per raggiungere il cantiere in compagnia degli indagati, e il cui contenuto è ignoto. Al teste i legali avrebbero voluto fare domande anche su un messaggio ricevuto dalla ragazza alle 2 in cui si legge "non si può più", frase che secondo le difese indica la disdetta di un precedente appuntamento.
"Se la vittima era stata fatta ubriacare come ritiene l'accusa e costretta a seguire il gruppo, perché avrebbe scritto un messaggio di quel tenore invece di chiedere aiuto?", si domandano gli avvocati che proprio su questo avrebbero voluto ascoltare il testimone. Ma il gup, che ha ammesso solo la perizia sul telefono, ha detto no. Circostanza che ha portato alla rinuncia all'abbreviato e alla scelta di una difesa in dibattimento che passerà anche attraverso la citazione a testimoniare della vittima e dell'amico.
Avvocato vittima: "Si tenta di screditarla" -
"C'è una telefonata in entrata attorno all'una di una persona che fino a oggi non è entrata nelle fasi di questo processo, che sarebbe durata alcuni secondi, e un messaggio della mia assistita attorno alle due. Sarebbero queste le prove che incrinerebbero la credibilità della giovane che assisto". E' quanto affermato dall'avvocato Carla Garofalo che assiste la vittima dello stupro. "A parte il fatto che era intontita, drogata e ubriaca e potrebbe non ricordarsi alcunché, durante la violenza il cellulare le è caduto più volte e sarebbe stato Angelo Flores (uno degli imputati, ndr) a tenerlo e rispondere. Comunque la strategia della difesa è chiara: screditare la vittima come abbiamo visto in tantissimi processi. Si sta cercando di mettere in pratica la vittimizzazione secondaria in modo da fare cedere i nervi, fare entrare in contraddizioni la mia assistita", spiega.
Dibattimento da metà maggio -
Questioni che verranno affrontate ora in dibattimento a partire dal 15 maggio. E davanti al tribunale ci saranno anche le parti civili ammesse oggi: il Comune di Palermo, Millecolori onlus, l'associazione nazionale Donne in rete contro la violenza, Le Onde, Biblioteca delle Donne centro di consulenza, l'associazione Insieme a Marianna Aps, l'associazione contro tutte le violenze e La Casa di Venere.
La condanna in abbreviato del settimo imputato -
Per lo stupro è già stato condannato in abbreviato dal gip del tribunale dei minori a 8 anni e 8 mesi, pena più grave rispetto alle richieste del pm, il settimo ragazzo coinvolto che, all'epoca dei fatti, non aveva ancora compiuto 18 anni. Il magistrato, poco dopo l'arresto, l'aveva scarcerato e affidato a una comunità vedendo in lui una sorta di pentimento. Ma qualche giorno dopo aver lasciato la cella il ragazzo ha preso a pubblicare sui social post in cui si vantava degli abusi commessi. Un comportamento che ha spinto il giudice a disporre nuovamente per l'indagato la custodia cautelare in carcere.