L'INTERVISTA

Mario Venuti "tra la carne e il cielo": "Affronto temi scomodi, il disimpegno mi imbarazza"

E' uscito il nuovo album del cantautore catanese, undicesimo lavoro di inediti della sua carriera. Tgcom24 ne ha parlato con lui

di Massimo Longoni

© Alessandro Castagna

Si intitola "Tra la carne e il cielo" il nuovo album di Mario Venuti, undicesimo lavoro solista della carriera del cantautore catanese. Un lavoro che nelle dodici tracce che lo compongono affronta tematiche diverse e, spesso, molto forti, dagli abusi sessuali nel mondo della chiesa al degrado delle nostre città. "Sono argomenti che vengono fuori in maniera abbastanza naturale - dice lui a Tgcom24 -. Non c'è un carico di retorica, di solennità, perché credo che con la maturità capisci che sono cose che fanno parte della vita e si affrontano anche serenamente. A questa età mi imbarazza di più il disimpegno fine a se stesso".

Da un punto di vista sonoro il nuovo album di Mario Venuti si presenta come un’evoluzione elettrificata del precedente "Tropitalia", disco di cover uscito nel 2021 che rileggeva 11 canzoni del repertorio storico italiano, vestite però di atmosfere prese in prestito dalla musica popolare brasiliana, come samba, bossa nova e forrò. La gamma di sonorità internazionalista, molto ricca e sofisticata, spazia dal pop al jazz e al blues e a molti altri generi con un occhio sempre attento al Brasile, uno dei luoghi del cuore dell’artista, e più in generale alle contaminazioni con i ritmi e i suoni di tutto il mondo, con un utilizzo di una vasta gamma di strumenti.

Partiamo dall'inizio, dal significato del titolo, "Tra la carne e il cielo": cosa c'è in mezzo tra questi due estremi?

La vita. Si tende a mettere in contrapposizione i due termini, come se l'uno fosse nemico dell'altro. Però alla fine la pacificazione fra le due cose è l'atteggiamento più saggio. Perché l'animo umano è fatto di una componente terrena, sensuale, carnale, che è anche vitale. E poi c'è invece un istinto, un po' dantesco, quello del "fatti non foste per viver come bruti". Anche un'aspirazione a un'elevazione umana, spirituale, se si vuole un innalzamento dalla sfera degli inferi terreni, chi più chi meno ci si sforza di far evolvere la specie anche da questo punto di vista. E queste due cose spesso contrapposte, in effetti, vanno un po' a braccetto.

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E nella vita di cui parli possono esserci anche argomenti forti, che questa volta entrano nelle tue canzoni, anche se spesso a un testo impegnato corrisponde una melodia più leggera, come in "Abusando", dove canti delle molestie nell'ambito della chiesa. Perché hai sentito la necessità di parlare di questi argomenti usando questo gioco di contrasti?

Sono argomenti che vengono fuori in maniera abbastanza naturale, non sento la gravità del tema che sto trattando e quindi anche nel modo di esporli non c'è un carico di retorica, di solennità. Credo di essere giunto a una maturità tale per cui sono capisci che sono cose che fanno parte della vita e si affrontano anche serenamente. Semmai è il disimpegno fine a se stesso a questa età che crea un po' di imbarazzo. 

In "Ganimede" invece affronti il tema dell'omosessualità badando a liberarlo di ogni tipo di carico retorico.

Sì, anche quello è un argomento piuttosto scivoloso, in passato si è fatto con un carico di retorica e anche di pietismo in varie forme. In questo caso è un po' una successione di fatti, di immagini che sono inerenti al tema e poi tutto questo viene inframmezzato da questo ritornello volutamente melò, un abbandono sentimentale che  volutamente anche nella musica ricorda certe canzoni degli anni 60, in particolare mi piace pensare che ricordi anche Umberto Bindi.

Un cantautore che ha pagato a caro prezzo il suo essere omosessuale...

Un artista che amo e che è stata proprio vittima dello stigma dell'omosessualità, emarginato proprio per questo motivo. Per fortuna queste cose non capitano più però è una figura che ha lasciato bellissime canzoni ma allo stesso tempo ha sofferto questa emarginazione.

In "Degrado", appena uscita come singolo, affronti l'incuria e l'abbandono di molte città, soprattutto del Sud.

Chi ha un occhio attento può anche intravedere lo scenario della mia città, Catania. Sono alcuni piccoli riferimenti che fanno capire che si tratta di Catania. Forse posso dire a onore del nuovo sindaco, che comunque non ho votato, che ora si intravede un leggero miglioramento, però ci sono stati dei periodi in cui il degrado era insopportabile: le buche, le strade dissestate, i cumuli di spazzatura abbandonati lì per giorni e giorni per le dispute con le ditte incaricate della raccolta dei rifiuti, dissesti finanziari. Di conseguenza anche inciviltà da parte della gente che comunque non viene mai controllata né sanzionata, quindi anarchia, con una situazione di delinquenza spiccia che imperversa. Ho visto la mia città in queste condizioni, al punto però che la tragedia poi diventa commedia, come spesso succede. E quindi la canzone ha anche un tono sarcastico e ironico e anche la musica sembra gioiosa creando questo contrasto.

Parlando di Catania dal punto di vista musicale tu hai vissuto gli anni della grande scena catanese tra la fine degli 80 e i primi 90. Com'è la situazione ora?

Diciamo che quel periodo d'oro rimane un ricordo. Ci sono delle nuove realtà, però onestamente negli ultimi anni a dare più frutti interessanti è stata Palermo, penso a dimartino, Nicolò Carnesi, La Rappresentante di lista, anche se quest'ultimo caso è un mix palermitano-toscano. A Catania al momento c'è qualcosa forse più nell'ambito del rap e della trap, si fa avanti magari anche qualche personaggio un po' discutibile che entra ed esce dal carcere. E poi c'è questa frangia in cui si è creata una strana commistione tra neomelodico e trap, un'affinità evidentemente culturale. Però ammetto di conoscere marginalmente queste realtà.

Un artista come te come si trova in questo contesto? Negli anni 90, quando hai anche intrapreso la tua carriera solista, il panorama della musica italiana era in larga parte affine al tuo modo di intendere la musica. Oggi ti senti un po' alieno?

Io vengo accostato un pochettino alla generazione di Nicolò Fabi, Max Gazzè, Daniele Silvestri, Carmen Consoli, anche se in realtà avevo iniziato prima di loro con i Denovo. Ma è vero che la mia carriera solista comunque ha preso il via negli anni 90. Già allora c'è il rap ma non c'era una contrapposizione. Oggi tra il cantautorato e il rap e la trap sembra esserci, un po' anche da parte del pubblico, l'obbligo di scegliere l'uno o l'altro, anche queste divisioni. 

E tu come la vivi?

Non vorrei fare la parte del Claudio Villa che critica gli urlatori. È un fatto generazionale. Le vecchie generazioni criticano le nuove perché le giudicano più rozze, perché "non sanno cantare", eccetera eccetera. Però io mi tolgo fuori da questo gioco che è abbastanza scontato. Semmai dico che quando ho provato a mettermi d'impegno ad ascoltare qualcuno dei più grossi fenomeni trap del momento purtroppo non sono riuscito a cogliere il motivo di tale successo. Io e altri che erano con me non abbiamo capito dove stia il valore artistico, di costume, comunicativo di questo linguaggio che ha così presa sui giovanissimi, e quindi è un problema nostro, evidentemente generazionale. Uno si sforza anche ma più di tanto non possiamo e quindi a un certo punto uno si ritira e dice: "Ok divertitevi, ho tentato di capire ma non capisco".

Hai in programma degli appuntamenti dal vivo dopo la pubblicazione del disco?

Ancora non sono state annunciate le date, ma stiamo preparando lo spettacolo. Che quest'estate servirà un pochettino da rodaggio, ma il tour vero è proprio comincerà poi nell'autunno e inverno.

Che tipo di concerto dobbiamo aspettarci?

E' tutto un discorso che parte dal suono di questo disco: dalle chitarre, dalle percussioni. Sarà uno spettacolo molto "roots", in cui c'è un po' di Brasile, un po' di rock, un po' di blues, un po' di Africa. Naturalmente partendo dal suono di questo disco poi si rileggeranno anche alcune mie canzoni del passato. Quindi è sempre un viaggio entusiasmante perché le stesse canzoni continuano a evolversi, a cambiare. La melodia e gli accordi sono quelli, però i brani vengono riletti con uno spirito nuovo e questa è anche una parte del lavoro che mi entusiasma .