I pianeti giganti del Sistema Solare (Giove, Saturno, Urano e Nettuno) non sono sempre stati nella stessa posizione. Sono migrati nelle loro attuali orbite tra 60 e 100 milioni di anni dopo la nascita del nostro sistema planetario, nello stesso periodo in cui si è formata la Luna. A dimostrarlo è la composizione chimica di rari meteoriti che derivano dall'antica famiglia di asteroidi Athor.
Sono questi i risultati di uno studio pubblicato sulla rivista "Science" dal gruppo di ricerca internazionale coordinato dall'astronomo italiano Alessandro Morbidelli, che lavora presso l'Osservatorio della Costa Azzurra a Nizza. I pianeti giganti si sono formati più vicini al Sole di quanto lo siano ora e si sono spostati nella loro attuale configurazione durante un periodo di instabilità orbitale.
Per definire meglio la tempistica della migrazione di Giove, Saturno, Urano e Nettuno, i ricercatori hanno esaminato la famiglia di asteroidi Athor, generati circa 3 miliardi di anni fa dalla rottura di un antico asteroide progenitore. La loro composizione chimica, studiata grazie ai telescopi, è risultata in linea con quella di rari meteoriti trovati sulla Terra, le cosiddette condriti di tipo E. Questa corrispondenza ha suggerito che attraverso l'analisi degli isotopi presenti nei meteoriti sarebbe stato possibile ricostruire la storia dell'asteroide progenitore.
Le ricerche precedenti -
Studi precedenti hanno suggerito che questo periodo si sarebbe verificato al massimo entro i primi 100 milioni di anni del Sistema Solare. Inoltre, nel 2022 i ricercatori dell’Università di Heidelberg in Germania avevano già stabilito che il progenitore di Athor si era cristallizzato 2 milioni di anni dopo la formazione del Sole ed era rimasto indisturbato per almeno 60 milioni di anni, quando poi sarebbero iniziate le turbolenze che hanno determinato violente collisioni, fratture e spostamenti orbitali.
Questo limite temporale ha catturato l'attenzione di Morbidelli, che vent'anni fa aveva già lavorato su alcuni modelli della migrazione dei pianeti giganti. "Molto probabilmente, i pianeti giganti sono diventati instabili in quel momento", afferma l'astronomo. E infatti, quando Morbidelli e i suoi collaboratori hanno elaborato cinque diversi modelli per l'evoluzione del Sistema Solare nel nuovo studio, "i numeri corrispondevano quasi per miracolo".
I risultati sembrano in linea con altri studi precedenti ma non sono ancora sufficienti per considerare chiusa la questione: un'altra ricerca dalla Johns Hopkins University a Baltimora (Stati Uniti) sottoposta a revisione dalla rivista "Nature Astronomy", suggerisce che l’instabilità orbitale potrebbe essere iniziata anche prima, appena 11 milioni di anni dopo la formazione del Sistema Solare.