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Migranti: rinviati a giudizio moglie, suocera e cognati di Soumahoro

Nel mirino la gestione dei fondi pubblici erogati alle cooperative per l'assistenza ai richiedenti asilo. Frode, bancarotta e autoriciclaggio tra le accuse per gli imputati 

Sono stati rinviati a giudizio moglie, suocera e cognati di Aboubakar Soumahoro. Lo ha deciso il gip del tribunale di Latina nell'ambito dell'inchiesta sulla gestione delle cooperative per l'assistenza ai migranti. Il giudice ha quindi accolto le richieste del pm che contestava agli imputati vari reati, dalla bancarotta alla frode, fino all'autoriciclaggio. L'inchiesta è sulla gestione dei fondi pubblici erogati alla coop Karibu e al consorzio Aid.

Tgcom24

I familiari di Soumahoro sotto indagine  Nel mirino della Procura di Latina sono finiti dunque la moglie di Soumahoro Lilian Murekatete, la suocera Marie Therese Mukamitsindo, e i cognati Michel Rukundo e Alime Mutesi. 

Udienza preliminare  Nell'udienza preliminare il gup ha ammesso la costituzione in parte civile dei Comuni di Sezze, Terracina, Roccasecca di Volsci, Latina, Pontinia, Aprilia, Monte San Biagio e Fondi, del sindacato Uiltuck, di 19 lavoratori ed ex dipendenti della coop Karibu  e del consorzio Aid, del Codacons, del ministero dell'Interno, attraverso l'Avvocatura dello Stato, del consorzio Agenzia inclusione dei diritti e del commissario liquidatore della Karibu. Il processo inizierà l'11 giugno. 

I fondi distratti  Secondo gli inquirenti, gli imputati avrebbero distratto fondi che erano stati erogati e destinati all'accoglienza dei migranti. Per questo motivo, il gip di Latina aveva disposto nei mesi scorsi anche un sequestro del valore di quasi due milioni di euro. In base a quanto ricostruito dalla Guardia di finanza, erano emerse, durante le indagini, disposizioni bancarie "prive di congrua giustificazione causale e comunque per finalità diverse da quelle alle quali era preposta la Karibu". 

Ristoranti, gioielli e abbigliamento  In particolare, come si leggeva nell'ordinanza, le carte di credito delle cooperative per l'assistenza migranti sarebbero state utilizzate anche per "finalità private", dai ristoranti alle gioiellerie, dai centri estetici all'abbigliamento, ai negozi di cosmetica. 

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