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Allergici al climate change

Il riscaldamento globale porta a lunghe primavere e questo significa una cosa sola: periodi di impollinazione molto più ampi e anticipati, che mettono in crisi gli allergici

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Alzi la mano chi in questi giorni è diventato dipendente dai fazzolettini e starnutisce un minuto sì e l’altro pure. La primavera è molto bella, ma per alcuni può trasformarsi in un incubo.

Il motivo è la diffusione dei pollini, che provocano fastidiose riniti allergiche. Ma queste brutte giornate potrebbero trasformarsi in mesi horror, perché i periodi di impollinazione si sono dilatati

Ce lo dice lo studio pubblicato da un docente di biologia dell'Università dello Utah e riportato in questi giorni dal New York Times. L’autore, William Anderegg, ha monitorato i pollini negli Stati Uniti grazie a 60 stazioni di rilevamento e ha notato come le allergie nell’ultimo trentennio si siano manifestate con circa 20 giorni di anticipo e con una concentrazione aumentata del 20%.

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Non solo in anticipo, ma anche più lunga. La primavera nell’era del climate change può iniziare molto prima, e con lei tutte le criticità delle allergie. Temperature più calde, maggiori concentrazioni di anidride carbonica e aumento delle precipitazioni possono contribuire a far crescere le piante e a produrre più polline per periodi di tempo più lunghi

E non finisce qui. Perché secondo lo studio ad essere aumentato è anche il numero di allergici in tutto il mondo. Questo è provocato da un lato dall’aumento del polline, appunto, ma dall’altro anche dalla sua distribuzione. Aumentando i venti a causa della crisi climatica, aumentano anche le possibilità che le allergie sorgano dove prima non c’erano stati casi. 

Insomma, la prossima volta che starnutirete sappiate che non soffrite da soli. Il Pianeta, nel bene e nel male, è con voi. 

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