Cambia il nome ma non la sostanza. Gli Istituti Tecnici Superiori, anche dopo la riforma che li ha trasformati in Istituti Tecnologici Superiori (altresì detti ITS Academy), continuano a essere una garanzia per chi cerca un buon lavoro in tempi rapidi dopo la scuola secondaria. Tra quanti hanno concluso uno di questi percorsi professionalizzanti - biennali o triennali - nell’anno 2022, infatti, ben l’87% risulta occupato a un anno dal titolo. E un ulteriore 5,8% non resta con le mani in mano, perché si è iscritto all’università o è impegnato in attività di tirocinio.
Il dato, inoltre, è in lieve ma costante aumento nel tempo, risultando anche superiore alle performance garantite da una laurea: secondo AlmaLaurea, infatti, il tasso di occupazione a un anno dal titolo si attesta al 75,4% tra i laureati di primo livello e al 77,1% tra quelli di secondo livello. Ma il numero che da INDIRE tendono a sottolineare è soprattutto la coerenza tra formazione e lavoro: nell’ultimo rapporto dell’agenzia ministeriale, pubblicato qualche giorno fa e analizzato dal portale Skuola.net, si evince che il 93,8% dei “super tecnici” diplomati nel 2022 svolge una mansione in linea col percorso di studi svolto.
Le sfide del futuro: aumentare gli iscritti soprattutto tra le donne
Il vero problema è che sono ancora poche queste figure, reali o potenziali: 25.000 iscritti complessivi e poco più di 7.000 diplomati. Ma gli investimenti stabiliti dal PNRR hanno l’obiettivo di arrivare entro pochi anni a raddoppiare questi volumi.
Magari cercando di coinvolgere maggiormente gli studenti che provengono dai licei o dai professionali: la maggior parte degli iscritti ha infatti conseguito un diploma tecnico (57,2%), solo il 23,2% uno liceale, appena il 14,5% uno di tipo professionale. La riforma dell’istruzione tecnico-professionale, che prevede percorsi di scuola superiore quadriennali, direttamente connessi agli ITS Academy, dovrebbe aiutare in questo senso.
Gli ITS Academy, poi, attualmente non sembrano essere visti come un naturale approdo subito dopo le scuole superiori ma, piuttosto, come una “alternativa” all’università o alla ricerca di un lavoro non specializzato: il 42,9% dei loro studenti hanno un’età compresa tra i 20 e i 24 anni.
E poi c’è l’annoso problema del gap di genere: il 73,5% degli iscritti è maschio, quindi le ragazze rappresentano poco più di un quarto del totale dei potenziali diplomati; peraltro quasi tutte si concentrano nelle aree tecnologiche Sistema Moda e Turismo.
Il Made in Italy va per la maggiore
Più in generale, a livello di scelte, il grosso degli studenti ITS (43,3%) afferisce ai percorsi legati al Made in Italy. Non foss'altro perché sono anche i corsi più “offerti” dalle strutture: 153 su 349, il 43,8%. Al loro interno, spiccano i corsi del Sistema meccanica (41,6%), seguiti da quelli del Sistema agro-alimentare (22,9%), del Sistema moda (il 18,1%), dei Servizi alle imprese (13,2%) e del Sistema casa (4,2%).
Il resto delle ragazze e dei ragazzi è invece distribuito tra: Mobilità sostenibile (16,5%), Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione (14,6%), Tecnologie innovative per i beni e le attività culturali – Turismo (11,8%), Efficienza energetica (il 7,8%) e Nuove Tecnologie della vita (5,9%).
La “geografia” degli ITS: Lombardia, Veneto e Puglia le regioni che offrono più corsi
A influenzare le iscrizioni, però, ci sono pure ragioni “geografiche”. Perché non tutte le aree d’Italia danno le stesse opportunità di inserimento nel sistema ITS. Facile immaginare che i rapporti di forza siano molto sbilanciati a vantaggio di regioni con tanti percorsi (monitorati) disponibili come: Lombardia (76 corsi), Veneto (53), Puglia (31), Toscana (29), Emilia-Romagna (27) e Piemonte (25). Rispetto a regioni in cui gli ITS ancora scarseggiano, tipo: Umbria (9 corsi percorsi monitorati), Abruzzo (6), Sardegna (4), Calabria (2) e Molise (1).
“L’ultimo rapporto Indire sul monitoraggio nazionale 2024 del sistema ITS - sottolinea Guido Torrielli, presidente della Rete ITS Italy, che raggruppa quasi tutte realtà di settore - ha ribadito la crescita di questo nostro importante segmento della formazione terziaria. Un gran bel risultato nella “caccia” alle nuove professionalità. Tutto ciò rappresenta poi un’ulteriore riprova del grande lavoro che le Fondazioni, di concerto con le Aziende partner, svolgono sui territori. L’analisi Indire ha però evidenziato anche alcune criticità, tra le quali un disequilibrio tra le prestazioni delle Fondazioni del Nord e quelle del Sud, fatta eccezione per alcune regioni come la Puglia e l’Abruzzo, dovute principalmente ad una ridotta programmazione regionale di risorse destinate al finanziamento dei percorsi, infatti i percorsi monitorati nel Sud e Isole sono solo 72 su 349”.
Ma, in ogni caso, secondo Torrielli “bisogna ritenersi soddisfatti. Anche perché portare a conoscenza di tutti, con dovizia di particolari, il sistema ITS rappresenta uno stimolo per le amministrazioni a investire nell’aumento dell’offerta formativa nonché un utile strumento per le famiglie per indirizzare i propri figli e per i nostri prossimi studenti, che in questo modo hanno contezza sul successo dei nostri percorsi”.