In tempi in cui si dice che in musica non si inventa più nulla Antonella Ruggiero e Roberto Colombo hanno dimostrato che l'intelligenza umana, accoppiata alla tecnologia, può aprire porti su mondi sconosciuti e pieni di fascino. Si intitola "Altrevie" il nuovo progetto uscito il 21 marzo e nel quale la Ruggiero e Colombo hanno ricreato un linguaggio inedito rielaborando digitalmente la voce della cantante e le linee vocali delle canzoni dall'album "Libera", primo lavoro solista di Antonella uscito nel 1996.
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Antonella Ruggiero da anni si è estraniata dalla strada più semplice del pop. La sua ricerca musicale l'ha fatta viaggiare lontano, dalla riscoperta di musiche di Paesi lontani al repertorio sacro. "Altrevie" si spinge oltre, in un mondo che di fatto... non esiste. Tutto nasce dalla voglia di sperimentare della cantante e di Roberto Colombo (suo produttore sin dai tempi dei Matia Bazar nonché suo marito) che si concretizzato in una ricerca artistica a più voci in grado di svilupparsi nel suono, nella carta e nel web. L’idea di fondo è stata quella di ricreare un nuovo linguaggio per realizzare una proposta musicale del tutto innovativa. La ricerca sonora dei due artisti si è concentrata sulla manipolazione digitale della voce e sulla coniazione di una lingua immaginaria e sconosciuta per animare il mondo di "Altrevie". Insieme hanno riversato, scomposto e ricomposto le tracce vocali del primo lavoro solista della Ruggiero ("Libera" pubblicato nel 1996 e registrato tra l’India e l’Italia, un mix di cultura musicale occidentale e orientale) accompagnando il nuovo canto di Antonella con armonizzazioni e arrangiamenti originali di Roberto Colombo. Il risultato sono dodici brani di melodie inedite con un linguaggio estremamente suggestivo
Come è nata l'idea di questo progetto?
Roberto Colombo: E' partita da me. Ho voluto fare un esperimento su un brano tratto da "Libera", il primo album solista di Antonella, uscito nel 1996, un disco registrato tra l'India e l'Italia in cui si fondevano cultura musicale occidentale e orientale. Una volta estrapolata la traccia vocale, separata da quella strumentale, l'ho riprodotta al contrario. Quella del "reverse" è una tecnica che veniva già utilizzata negli anni 60, grandi artisti ne hanno fatto uso, ma una volta il processo era analogico e si doveva agire sul vinile in maniera fisica. Oggi con le tecniche digitali il processo di manipolazione è molto più semplice.
E cosa ne è uscito?
RC: L'effetto è stato straniante ma anche pieno di fascino. L'ho fatta sentire ad Antonella e abbiamo estratto fonemi più significativi per costruire delle linee melodiche nuove. Su queste ho creato delle armonizzazioni e arrangiamenti inediti. Il risultato è stato entusiasmante e d'accordo con Antonella abbiamo deciso di replicare tutto il processo su ogni brano di "Libera".
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Come mai avete scelto proprio le canzoni di quel disco?
RC: Le linee melodiche della voce di Antonella di "Libera" si prestavano particolarmente bene perché hanno molte note lunghe che riversate vanno a completarsi in una parola che non ha un significato se non quello ritmico.
Ogni brano di "Libera" è stato riversato completamente nelle nuove canzoni?
Antonella Ruggiero: No, in realtà Roberto ha preso diversi frammenti da ogni singolo brano e ci ha lavorato sopra. "Altrevie" non è semplicemente la versione "speculare" di "Libera" fatta andare al contrario. C'è un grosso lavoro di artigianato dietro, andando a entrare nel dettaglio dei suoni, l'isolamento dei fonemi. Poi è tutta invenzione, anche i titoli delle canzoni sono inventati. L'unico fonema comprensibile di tutto il disco è proprio "Altrevie", che abbiamo isolato in una canzone che si intitola "Il canto dell'amore": appena lo abbiamo sentito abbiamo capito che quello sarebbe stato il titolo del progetto.
Per una interprete come cambia l'approccio nel prestare la voce a un linguaggio di fatto inventato al quale puoi dare qualsiasi tipo di significato?
AR: C'è totale libertà da qualsiasi schema. Chi lo ascolta è libero di interpretare come meglio credo. Sono piccole colonne sonore che nella mia mente si associano ad avvenimenti umani interessanti: grandi documentari piuttosto che balletti di danza o eventi di sport estremi. Io amo gli sport individuali dove l'essere umano si pone di fronte a imprese impossibili che poi tali non sono. Io a quello associo queste piccole colonne sonore che possono essere affascinanti come respingenti, me ne rendo conto. Perché sono qualcosa di inusuale ma io adoro questo tipo di sonorità e di stupire perché non ci si stupisce più tanto a meno di non andare a cercare musiche dal passato remoto.
Decisamente un obiettivo controcorrente in un mondo musicale in cui si punta a battere le stesse strade in modo che il pubblico riconosca al volo una melodia...
AR: Lo trovo un atteggiamento molto poco rispettoso dell'intelligenza del pubblico. Io credo che la gente abbia mille gusti diversi e abbia voglia di muoversi attraverso le arti senza che qualcuno gli dica cosa deve guardare, ascoltare o sentire. Questa di "Altrevie" è una musica che non ha riferimenti perché ormai siamo sommersi da indicazioni di ogni genere: qui non ci sono precedenti e cose affini quindi questo problema non c'è.
Oggi si parla tanto dei pericoli dell'intelligenza artificiale che può creare musica e voi avete applicato la vostra intelligenza e il vostro gusto per creare addirittura un nuovo linguaggio...
AR: Trovo abbastanza mostruosa questa cosa di lasciare all'intelligenza artificiale il processo creativo artistico. Non occuparsi della propria sensibilità, del proprio modo di vedere le cose, per l'essere umano è un delitto. A meno di non voler far diventare tutti quanti delle macchine, ma non tutti siamo disposti a questo. Ho sentito diverse cose realizzate con l'intelligenza artificiale, spesso ci mandano anche delle proposte. Ma è evidente che manchi l'anima, sono sintetiche, algide, non c'è calore. Magari in futuro riusciranno a realizzare dei gran capolavori. Per adesso è un no.
"Altrevie" si concretizza anche con un progetto grafico particolare affidato al collettivo "Finti Libri Clandestini".
AR: Nel confronto tra generazioni diverse abbiamo visto di avere un passione in comune. Io ho messo a disposizione 110 titoli della mia collezione di libri d'epoca, una collezione piuttosto nutrita che va da fine '800 ai primi anni 40. Loro, che fanno ricerca sulle immagini da opere di carta e assemblano piccole opere d'arte, da quelli hanno scelto le immagini che meglio ritenevano adatte a costruire un immaginario grafico che vestisse il progetto e lo hanno realizzato. Anche in un mondo iper-tecnologico c'è ancora la fortuna di trovare dei giovani che fanno un lavoro antico.
In tiratura limitato c'è un peep-show, un supporto cartaceo apribile a fisarmonica dotato di spiraglio, all’interno del quale è possibile spiare il mondo di "Altrevie": un modo antico di stupire.
AR: Sì, anche questa ci è sembrata una bella forma di reazione alla tecnologia che ci sta invadendo e asfaltando. Sono 25 copie realizzate a mano, ognuno richiede alcune ore di lavoro come una volta, con le immagini, le forbici, la colla e la prospettiva. Fortunatamente c'è un'umanità che ancora si occupa ancora di andare a fondo delle cose senza la tecnologia che ci sta invadendo e asfaltando.
E' un progetto riproducibile dal vivo?
AR: E' molto difficile, potremmo prendere alcuni brani e raccontare alcune cose da questi libri che parlano di un'infanzia che sembra lontana mille anni. Si può sviluppare qualcosa che abbia a che fare con queste basi musicali. Ma non tutti questi fonemi sono riproducibili, alcuni non veramente inaffrontabili a livello di emissione vocale. Ma magari un giorno mi metterò d'impegno...