L’importanza della noia: da malessere a ricarica per il cervello
Uno stato d’animo sgradevole che però è benzina per la creatività e il problem solving
La noia: un sentimento di disagio e di vuoto che fa venire voglia di sbadigliare, trasformato in protagonista della canzone di Angelina Mango (per nulla noiosa!), vincitrice del Festival di Sanremo. La noia riconquista un posto di primo piano nel nostro mondo, dove sembra che il tempo non basti mai e che non ci sia il più piccolo spazio per annoiarsi: quando capita un piccolo spazio vuoto nella frenesia degli impegni, subito corriamo a riempirlo con un’altra attività, perché, oltre che fastidiosa, la noia ci fa anche sentire in colpa. Eppure, paradossalmente, questo senso di disagio e di malessere interiore, è di grande importanza per lo sviluppo dei processi creativi del cervello e per la ricerca di nuove soluzioni.
CHE COS’È LA NOIA Il dizionario la definisce come un senso di disagio interiore, associato a irritazione e impazienza, legato a una condizione di vuoto o di uniformità e monotonia. La cattiva fama di questo stato d’animo risale al lontano passato, anche se la noia non è sempre stata malgiudicata: i Romani, ad esempio facevano dell’ otium (ozio) e dell’inoperosità un vero stile di vita. A Roma, però, oziare non significava stare senza far nulla, ma dedicarsi solo al dolce far niente e al proprio piacere senza obblighi lavorativi o militari. In seguito, a partire dal Medioevo e poi nei secoli successivi, la noia è stata invece assimilata all’accidia, il peccato capitale di chi scivolava nell’inerzia senza commettere il male, ma anche senza perseguire il bene. La noia è stata descritta nella letteratura e studiata da molti filosofi, i quali ne hanno dato interpretazioni diverse: Arthur Schopenhauer, ad esempio, l’associava al possesso di inutili e vacui beni materiali; Søren Kierkegaard la descrive come lo stato in cui cade l’esteta, il quale vive solo nell’istante e nella ricerca del piacere finché non si trova colpito dall’indifferenza nei confronti di tutto; per gli esistenzialisti, come Martin Heidegger e Jean-Paul Sarte, è rivelatrice della vacuità della realtà umana. In ogni caso la noia è qualcosa di negativo e per lo meno fastidioso, capace persino di rallentare la percezione dello scorrere del tempo, e da superare in ogni modo possibile. La psicologia, però, sta rivalutando questo sentimento e gli sta attribuendo significanti completamente diversi.
COME SI COMBATTE LA NOIA Detto tutto questo, non si può negare che la noia sia uno stato di disagio che si cerca di superare con ogni mezzo. Gli psicologi consigliano, se siamo alle prese con il primo genere di noia, ossia la semplice e irritante inoperosità, di
accettarla e lasciare al nostro cervello il tempo di
inventarsi qualcosa che ci piaccia fare. Gli studi hanno evidenziato che nei momenti in cui ci sembra di non fare nulla, la nostra mente, libera di vagare, favorisce la creazione di soluzioni innovative e persino geniali. Ipotizzano anche che sia questa la ragione per cui, quando ci immergiamo nella soluzione di un problema complesso, può accadere ogni tanto di perdere la concentrazione e di scoprirci a divagare. In questi spazi vuoti, e nel riesaminare lo stesso problema dopo una pausa di qualche momento, spesso troviamo soluzioni migliori.
Più difficile invece è combattere
la noia di secondo tipo, legata a eventi che non dipendono da noi, come dover assistere a eventi poco interessanti o svolgere un lavoro monotono e ripetitivo. In questo caso gli esperti suggeriscono di concentrare l’attenzione sull’obiettivo dell’attività barbosa a cui ci tocca dedicarci, o sull’accuratezza di ogni singolo gesto richiesto dal compito, trasformando il lavoro in una sorta di meditazione. Quando poi il problema è sopportare un interminabile discorso, lasciamo fare al nostro cervello: troverà da solo il modo per sfuggire, divagando in sogni ad occhi aperti o inventando altri espedienti.
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