Un’opera brutale, che usa la semplicità del testo come chiave per entrare nella complessità, e nell’universalità, del tema. “Il figlio”, terzo atto di una trilogia scritta tra il 2010 e il 2017 dal drammaturgo francese Florian Zeller, va in scena al teatro Parenti di Milano (dal 21 febbraio) fino al 3 marzo, con notevole riscontro da parte di pubblico e critica. Scritto nel 2017, dopo “La madre” (2010) e dopo “Il padre” (2012), da cui fu tratto il pluripremiato e commovente film con Anthony Hopkins, racconta il dramma di una famiglia sconvolta dalla depressione adolescenziale di Nicola (Giulio Pranno, 26enne travestito ottimamente da ragazzino), giunto all’ultimo anno di liceo, che però non frequenta più da alcuni mesi.
Il segreto di Nicola, scoperto dalla madre (Galatea Ranzi) e condiviso con il padre (Cesare Bocci, che da tempo ormai vive altrove, con una nuova compagna - Marta Gastini - dalla quale ha appena avuto un altro figlio), diventa il segreto di tutti, in questa drammatica storia in cui sui figli non ricadono soltanto le colpe dei padri, ma (si scoprirà man mano) anche quelle dei nonni, con tanto di arma letale.
In una specie di ping pong scenografico (il salotto della casa materna si alterna con il soggiorno di quella paterna), fra micro colpi di scena che accelerano i ritmi cinematografici dello spettacolo (diretto da Piero Maccarinelli), il finale è già scritto in apertura, come se l’autore fosse spoiler interessato, come se rendere intuibili le proprie mosse fosse un mezzo per canalizzare l’attenzione dello spettatore sul come, più che sul cosa e sul quando. Con didascalica e tragica semplicità, Zeller racconta di famiglie disgregate da egoismi e incomprensioni, di genitori adolescenti alle prese con ragazzi già vecchi, che nei loro frettolosi e compiacenti ricordi sono tuttora bambini felici. Dei quali, però, non riescono più a comprendere, e ad asciugare, il pianto.
Ps Unica nota negativa: troppe madri, troppi padri e troppi nonni seduti in platea, per uno spettacolo che parla anche di (e ai) figli.