A 7 anni dall'inizio della vicenda giudiziaria, la Procura di Trapani ha chiesto il non luogo a procedere per i 21 componenti dell'equipaggio della Iuventa, l'imbarcazione della ong tedesca "Jugend Rettet", perché il fatto non costituisce reato. Erano accusati di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Chiesto anche il dissequestro dell'imbarcazione che, nel frattempo, è andata in rovina.
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Il caso giudiziario -
La vicenda risale al 2017 quando la Procura di Trapani, che indagava sui salvataggi effettuati nelle acque del Canale di Sicilia da navi delle ong, chiese e ottenne il sequestro della Iuventa, una delle imbarcazioni della organizzazione tedesca ipotizzando il favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Gli inquirenti sostennero di aver accertato almeno tre casi in cui alcuni componenti dell'equipaggio della nave avevano avuto contatti con trafficanti di migranti libici e sarebbero intervenuti in operazioni di soccorso senza che i profughi fossero in reale situazione di pericolo. I migranti sarebbero stati trasbordati sulla nave della ong scortati dai libici. "Ci sono gravi indizi di colpevolezza", disse l'allora procuratore Ambrogio Cartosio.
L'accusa: Iuventa usata come "taxi" dei migranti -
Secondo l'accusa, dunque gli indagati non avrebbero prestato soccorso ai migranti, ma avrebbero fatto loro da "taxi" trasbordandoli dalle navi dei trafficanti libici e consentendo poi agli stessi, una volta presi a bordo i profughi, di tornare indietro indisturbati. Il ministero degli Interni, che si era costituito parte civile, si è rimesso alla decisione del gup.
Imputati: "Criminalizzata la solidarietà" -
"Mi sento sollevato e triste allo stesso tempo. Se la Procura avesse esaminato le prove fin dall'inizio, non sarebbe mai stata autorizzata a sequestrare la Iuventa e ci sarebbero stati risparmiati 7 anni di stress. Un occhio piange, l'altro ride". Lo dice Dariush Beigui, ex membro dell'equipaggio della Iuventa. "La nave non avrebbe mai dovuto essere confiscata e le persone non sarebbero dovute essere lasciate a morire. Ora il tribunale di Trapani ha l’opportunità di fermare il tossico effetto di questa criminalizzazione della solidarietà, una situazione che non avrebbe mai dovuto essere permessa", ha commentato un altro imputato, Sascha Girke.