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"La Zona d'interesse", tra perdita dell'umanità e banalità del male

E' uscito nelle sale il film di Jonathan Glazer già vincitore del Gran Premio della giuria a Cannes e candidato a 5 premi Oscar. Tgcom24 vi presenta una clip esclusiva

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E' arrivato nei cinema italiani "La Zona d'interesse", il film di Jonathan Glazer candidato a 5 premi Oscar, tra cui quello per il miglior film. Liberamente ispirato all’omonimo romanzo di Martin Amis, è la storia di una famiglia tedesca apparentemente normale che vive - in una bucolica casetta con piscina, una quotidianità fatta di gite in barca, il lavoro d'ufficio del padre, i tè della moglie con le amiche, le domeniche passate a pescare al fiume. Peccato che l’uomo in questione sia Rudolf Höss, comandante di Auschwitz, e la deliziosa villetta con giardino in cui vive con la sua famiglia in una surreale serenità è situata proprio al confine con il campo di concentramento, a due passi dall’orrore, così vicino e così lontano. Tgcom24 vi presenta una clip esclusiva.

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"La Zona d'interesse" è un'opera imprescindibile sulla perdita dell'umanità e sulla banalità del male, già vincitore del Gran Premio Speciale della Giuria al Festival di Cannes 2023.

La "zona di interesse" (interessengebiet in tedesco) era la denominazione usata dalle SS naziste per descrivere l’area di 40 chilometri quadrati immediatamente circostante il complesso del campo di concentramento di Auschwitz, alla periferia di Oświęcim, in Polonia. Nel 2014, Martin Amis ha usato la frase come titolo per un romanzo cupamente picaresco che alterna le prospettive tra collaboratori, esecutori e detenuti. In esso, un personaggio descrive la "zona" come analoga a uno specchio che rivela il proprio vero volto.

Nel suo adattamento cinematografico, di lunga progettazione, Jonathan Glazer si dimostra meno interessato alla riflessione che alla repressione. "La Zona d’Interesse" è un film su personaggi che rifiutano fermamente di vedere seé stessi: l’identificazione e la consapevolezza potrebbero facilmente farli impazzire. Glazer è uno dei formalisti più rigorosi del cinema contemporaneo e, deviando da Amis, mantiene saldamente il proprio interesse sul lato civile della partizione di Auschwitz, immergendo lo spettatore nella ridente e ben curata negazione della prospera e rampante famiglia Höss, il cui patriarca Rudolf (Christian Friedel) è il comandante del campo. La locazione degli Höss, generosamente sovvenzionata in una villa immacolata su due piani, giustappone una fantasia ariana bucolica alla realtà da incubo su cui è stata (letteralmente) costruita.