Gli inquirenti della Procura romana hanno iscritto sul registro degli indagati i vertici della società di buoni pasto Edenred Italia. Gli accertamenti della Guardia di finanza, coordinati dal sostituto Carlo Villani, hanno portato stamane all'esecuzione di un sequestro da 20 milioni di euro. Si procede per i reati di truffa aggravata, turbativa d'asta in concorso e illeciti amministrativi. I fatti riguardano un periodo compreso tra il 2021 e il 2023. Sono quattro le persone chiamate in causa oltre alla società.
Le accuse -
Truffa ai danni dello Stato e turbata libertà degli incanti. Queste le accuse ipotizzate dalla Procura della Capitale nell'ambito della indagine sulla Edenred. "È dimostrato che Edenred per mezzo dei soggetti agenti attraverso gli artifici e raggiri, ha indotto Consip ad attribuire alla società stessa il punteggio massimo affinché risultasse legittimata a stipulare la Convenzione per i Buoni Pasto della pubblica amministrazione. Indubbiamente sono da ritenersi artifici e raggiri le false dichiarazioni rese da Edenred nella fase precedente alla aggiudicazione della gara circa le condizioni applicate agli esercenti". Lo scrive il giudice del tribunale di Roma in un passo del decreto di sequestro eseguito oggi dalla Guardia di finanza riguardo la società di buoni pasto. Il decreto deciso dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Roma è finalizzato alla confisca di beni fino alla concorrenza del profitto del reato o del valore corrispondente.
La vicenda -
Le indagini hanno permesso di ricostruire come l'azienda, attraverso condotte che si ipotizzano fraudolente, avrebbe partecipato a una gara per l'affidamento del servizio di buoni pasto per la Pubblica amministrazione per un importo stimato a base di gara pari a un miliardo e 250 milioni di euro, si sarebbe aggiudicata in maniera illegittima 4 lotti per un valore complessivo di circa 580 milioni di euro. Secondo gli inquirenti, la società aggiudicataria ed emittente i buoni pasto, in fase di presentazione dell'offerta avrebbero falsamente dichiarato l'equivalenza tra il ribasso (o "sconto") praticato alla Pa e la commissione (o "sconto incondizionato") applicata agli esercizi convenzionati, presupposto stabilito a pena di inammissibilità dalla legge di gara. Con la stipula di accordi paralleli, invece, la società aggiudicataria avrebbe di fatto retrocesso agli esercizi convenzionati parte della prevista commissione, applicando così uno sconto maggiore rispetto a quello praticato alla pubblica amministrazione e, in tal modo, violando le regole imposte dal bando.