Quando si pensa alle nuove generazioni, si finisce irrimediabilmente per collegarle alla tecnologia e ai videogiochi, spesso demonizzati a favore di una vita più sociale e all’aria aperta. Una nuova ricerca proveniente dall’Australia dimostra che numerosi insegnanti di inglese stanno valutando come utilizzare i videogame nelle proprie lezioni, sebbene le opinioni su come mettere in pratica l'idea siano contrastanti.
Oltre quindici anni di ricerche hanno dimostrato come il mondo videoludico possa avere effetti benefici sull'istruzione. In particolare, i videogiochi sviluppano le capacità di problem solving e di alfabetizzazione, la creatività, il lavoro di squadra e la comprensione critica del proprio posto nel mondo.
Dal punto di vista dell'insegnante di inglese, molti videogiochi hanno trame e storie complesse e personaggi chiaramente sviluppati e richiedono spesso ai giocatori di interpretare e applicare contesti culturali. Tuttavia continua ad avere più importanza lo studio dei classici, come Shakespeare ed Ernest Hemingway e altre opere letterarie stampate, rispetto a giochi contenenti trame complesse.
Per capire meglio l'importanza che gli insegnanti attribuiscono ai giochi elettronici nelle loro classi e come li utilizzano, lo scorso anno la Bond University (un istituto universitario sulla Gold Coast australiana) ha condotto un'indagine su 1.219 famiglie per conto dell'ente Interactive Games and Entertainment Association. Oltre ai consueti dati demografici, che confermano come il 93% dei giovani tra 5 e 14 anni intervistati utilizzi i videogiochi (percentuale che scende al 91% considerando i giovani di età compresa tra 15 e 24 anni), sono stati intervistati 201 insegnanti di inglese delle scuole secondarie australiane, provenienti da tutti i settori scolastici.
Oltre il 60% dei docenti intervistati insegnava da almeno dieci anni, e la ricerca ha rivelato come il 58,6% degli insegnanti intervistati ritenga che i giochi elettronici siano un "tipo di testo legittimo", ossia che possano entrare a fare parte del curriculum di inglese allo stesso modo di opere teatrali, libri e poesie. D’altro canto, il 27,4% non si è dimostrato sicuro e il 14% degli intervistati ha affermato che i giochi elettronici non costituiscono testi legittimi. L'85% afferma di non aver utilizzato i giochi elettronici come testo principale per lo studio in classe e il 74% non intende farlo in futuro.
Gli insegnanti con meno esperienza erano più propensi a pensare all'utilizzo dei videogiochi come testo di studio in classe, mentre tra coloro che non hanno utilizzato i giochi come testo primario o integrativo, il 23% ha dichiarato di non sapere come utilizzarli in classe o di non avere il tempo di studiare una possibile integrazione nel programma. L'80% degli insegnanti non ha ricevuto una formazione professionale su come utilizzare i giochi elettronici, ma il 60% ha letto articoli, libri o capitoli sull'argomento.
Nelle domande a risposta aperte, gli insegnanti hanno rivelato opinioni forti e, in alcuni casi, polarizzate sui videogiochi nelle loro classi. Quelli che si sono espressi positivamente hanno sottolineato la loro capacità di coinvolgere gli studenti. I docenti hanno anche parlato della natura ricca e complessa di alcuni giochi, apprezzando il modo in cui i videogiochi hanno "trame multiple", "connettività tra segmenti" e capacità di "immergere gli studenti in mondi come utenti attivi, anziché passivi" di un testo.
Sul lato opposto, diversi insegnanti hanno però affermato che i videogiochi ostacolano la creatività degli studenti, esprimendo al contrario forti preoccupazioni sul fatto che non siano un bene per gli studenti, facendo eco a preoccupazioni simili e costanti nei media. Non sorprende dunque, al termine della ricerca, che solo il 30% degli intervistati ritenga che i giochi elettronici debbano essere menzionati nel programma di studi. Forse questa tendenza potrebbe cambiare nel prossimo futuro, quando anche l’intelligenza artificiale inizierà ad avere un posto sempre più preminente nell’educazione scolastica.