Tradizione o anacronismo? Gioco o crudeltà? Da diversi anni e in diversi Paesi ci si pongono queste domande. Al centro una sola questione: ha ancora senso organizzare le corride?
Se lo stanno chiedendo gli animalisti del Messico, dove dopo quasi due anni i tori sono tornati in un’arena. E non in una qualsiasi: la storica Plaza Mexico, la più grande del mondo a ospitare questo tipo di spettacoli.
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Nel giugno del 2022 un tribunale federale aveva accolto il ricorso presentato da Justicia Justa, un’associazione per la difesa dei diritti degli animali, stabilendo la sospensione a tempo indeterminato delle corride sulla base del trattamento «degradante» riservato ai tori. Lo scorso dicembre, però, la Corte Suprema di Giustizia ha revocato il divieto, in attesa di una valutazione ulteriore. Così la scorsa domenica il sangue è tornato a bagnare la terra. All’interno dello stadio l’evento è stato accolto da un foltissimo pubblico esultante, all’esterno dalle proteste di numerosi animalisti e semplici cittadini.
Gli attivisti promettono battaglia finché non ci sarà la sospensione definitiva. Ma nell’arena di Plaza Maxico sono già in programma altre corride, svolte in Messico nella loro forma più antica. Questo significa che il toro viene istigato al combattimento e poi ucciso con apposite spade. In altri Paesi invece viene solo domato.
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Ma questo non cambia la natura del dibattito, che ormai prosegue da anni un po’ in tutto il mondo. Oltre al Messico, le corride sono legali anche in Colombia, Venezuela, Perù ed Ecuador, senza dimenticare l’Europa, con Spagna, Portogallo e Francia. Giusto per dare un dato, secondo la Human Society International, ogni anno nel mondo vengono uccisi circa 250mila tori nelle corride.
Per alcuni la tauromachia è tradizione e cultura, per altri - molti a dire il vero - una pratica obsoleta e violenta. Del resto, nel 2024, in un'epoca dotata di qualsiasi intrattenimento, ci chiediamo se usare gli animali per il nostro sadico divertimento sia ancora una pratica davvero necessaria.