Ddl beneficenza, la bozza: ecco le novità, sanzioni fino a 50mila euro
Il testo è atteso mercoledì sul tavolo della riunione preparatoria del Consiglio dei ministri
Obbligo di indicare sui prodotti le finalità dei proventi e il destinatario della beneficenza, l'importo o la quota destinati a quel fine, e sanzioni da 5mila a 50mila euro, con la possibilità di sospensione dell'attività per un anno in caso di violazioni reiterate. Lo prevede la bozza del ddl sulla trasparenza in relazione alla destinazione di proventi derivanti dalla vendita di prodotti a scopo benefico. Il testo è atteso mercoledì sul tavolo della riunione preparatoria del Consiglio dei ministri. Competente a irrogare le sanzioni è l'Antitrust.
Si prevede, inoltre, l'obbligo, prima della messa in commercio dei prodotti, di indicare all'Autorità quelle informazioni obbligatorie, nonché il termine entro cui sarà versato l'importo destinato alla beneficenza. Entro tre mesi da quella scadenza il produttore dovrà comunicare all'Autorità il versamento. "Nei casi di minore gravità - si prevede nella bozza - la sanzione è diminuita fino a due terzi. In caso di reiterazione della violazione è disposta la sospensione dell'attività per un periodo da un mese a un anno".
Gli influencer che violeranno le norme sulla trasparenza nelle vendite di prodotti a fini di beneficenza dovranno pubblicare sul proprio sito il provvedimento sanzionatorio ricevuto. L'Antitrust, è scritto nella bozza, "pubblica, anche per estratto, i provvedimenti sanzionatori adottati su una apposita sezione del proprio sito internet istituzionale, sul sito del produttore o del professionista destinatario della sanzione, su uno o più quotidiani, nonché mediante ogni altro mezzo ritenuto opportuno in relazione all'esigenza di informare compiutamente i consumatori a cura e spese del produttore o del professionista".
Giorgia Meloni aveva già annunciato il provvedimento. Inoltre, il premier, poco più di un mese fa, nel comizio di Atreju, aveva sollevato la questione parlando degli "influencer che fanno soldi a palate mettendo vestiti o borse o promuovendo carissimi panettoni facendo credere che si farà beneficenza, ma il cui prezzo servirà solo a pagare cachet milionari". Un implicito riferimento a Chiara Ferragni, finita poi sotto inchiesta anche per la pubblicità di un uovo di Pasqua e di una bambola. Così questo provvedimento rischia di essere facilmente bollato come "legge Ferragni". Vicende che, ha notato la premier nella sua ultima uscita pubblica, hanno evidenziato "un buco in termini di trasparenza nella normativa delle attività commerciali che hanno anche uno scopo benefico. Voluto o non voluto, adesso vi si può incappare". Ed ecco spiegata la stretta in arrivo.
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