Si allarga l'inchiesta su Chiara Ferragni che ora è stata iscritta nel registro degli indagati di Milano, con l'ipotesi di truffa aggravata, non solo per la vicenda del pandoro Pink Chiristmas della Balocco, ma anche per quelle delle uova di Pasqua della Dolci Preziosi e per la bambola Trudi. È quanto emerge dall'atto con cui la Procura milanese giovedì ha sollevato, davanti al pg della Cassazione, che dovrà decidere a breve, il conflitto tra uffici del pm sulla competenza a indagare per il caso del dolce natalizio della azienda di Cuneo. L'influencer risponde quindi di tre episodi con legali rappresentanti delle società produttrici.
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La Procura di Cuneo ha fatto riferimento all'articolo 54 bis del codice di procedura penale, che regola i "contrasti positivi tra uffici del pubblico ministero": è infatti stato sollevato il conflitto tra uffici del pm, perché chiarisca a chi spetta occuparsi della vicenda del pandoro Pink Christmas. Da qui la decisione di inoltrare una richiesta ufficiale di trasmissione degli atti "per competenza" al procuratore aggiunto di Milano Eugenio Fusco.
L'inchiesta sul caso Ferragni -
Da parte sua, però, anche la Procura di Milano si appella alla competenza territoriale per indagare sul caso Ferragni. Nel capoluogo lombardo hanno sede legale le società dell'influencer, mentre a Cuneo la Balocco. Per dirimere la questione, il pg della Cassazione dovrà in primis considerare il luogo in cui sono stati concretizzati il presunto ingiusto profitto e il danno. Essendo tuttavia una questione che riguarda l'intero Paese, ci si potrebbe appellare a quale delle due Procure ha iscritto per prima gli indagati, ossia Chiara Ferragni e Alessandra Balocco.
Ferragni e il caso Trudi -
Sono quindi stati portati all'attenzione anche gli altri due casi, ossia quello delle uova di cioccolato e quello della bambola, chiamata in realtà "Mascotte Chiara Ferragni", prodotta in collaborazione con Trudi, l'azienda friulana acquisita nel 2019 dalla Giochi Preziosi, con sede legale a Milano, e per i quali inizialmente l'ipotesi di reato era frode in commercio, poi diventata truffa aggravata. La parola passa ora al sostituto procuratore generale della Suprema Corte, posto che l'unica Procura ad aver sollevato la questione di competenza chiedendo gli atti relativi al pandoro è quella di Cuneo.