dopo settimane di polemiche

Harvard, si dimette la presidente Claudine Gay: era accusata di antisemitismo

Le dimissioni arrivano dopo settimane di polemiche, proteste e contestazioni

© Afp

La presidente di Harvard, Claudine Gay, ha rassegnato le dimissioni. Figlia di immigrati haitiani, la Gay, 53 anni, era diventata la prima donna nera al timone dell'ateneo più famoso degli Stati Uniti. Le dimissioni arrivano dopo settimane di polemiche, tra accuse di antisemitismo nelle proteste sul campus, e contestazioni per aver copiato materiale nelle sue pubblicazioni accademiche senza dare alle fonti il necessario credito.

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"Minacce alimentate dal razzismo" -

  "È con molta emozione ma con un grande amore per Harvard che scrivo per informarvi che mi dimetto", ha scritto la 53enne in una lettera aggiungendo anche che "è stato spaventoso esser stata oggetto di attacchi personali e minacce alimentate dal razzismo".

Solo sei mesi fa Claudine si era insediata alla guida di Harvard, la prima persona nera e la seconda donna alla presidenza dell'università più famosa d'America. Alan Garber, medico ed economista, servirà al suo posto come presidente pro-tempore in attesa che sia individuato il successore.

La Gay è la seconda leader di un ateneo Ivy League a gettare la spugna nelle ultime settimane. In dicembre era stata costretta alle dimissioni la collega della University of Pennsylvania Elizabeth Magill, co-protagonista con Gay e con Sally Kornbluth di Mit di una disastrosa audizione in Congresso in cui le tre rettrici erano sembrate condonare episodi di antisemitismo e minacce agli studenti ebrei in seguito all'attacco del 7 ottobre di Hamas contro Israele. La Kornbluth è ancora in sella.

Le dimissioni della Gay pongono fine al più breve mandato nella plurisecolare storia di Harvard, ha sottolineato il giornale studentesco Harvard Crimson. Professoressa di studi africani e afro-americani, Claudine si era insediata in luglio, sei mesi dopo la nomina. In dicembre, con la benedizione del board, aveva inizialmente salvato il posto dopo la controversa testimonianza alla Camera in cui, incalzata dalla deputata repubblicana Elise Stefanik, aveva risposto che "dipende dal contesto" alla domanda se "chiedere se il genocidio degli ebrei violasse le regole di Harvard".

Il board aveva fatto quadrato attorno alla rettrice nonostante il pressing di importanti donatori ed influenti ex alunni ebrei, mentre le polemiche sulla guerra tra Hamas e Israele alimentavano una crescente polarizzazione sul campus. Erano poi emerse, alimentate dai media conservatori, le accuse di aver rubato materiale altrui, usandolo nelle sue pubblicazioni senza citare adeguatamente le fonti. A metà dicembre erano cosi' finiti sul banco degli imputati articoli usciti nel 2001 e nel 2017, seguiti dalla denuncia di problemi nella sua tesi di dottorato del 1997 in cui Harvard ha trovato un paio di esempi di "linguaggio duplicativo" senza la giusta attribuzione. La Gay aveva corretto gli articoli, ma i guai non erano finiti. 

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