Non ce l'ha fatta Lee Sun-kyun. La vergogna, di fronte alla famiglia, ai media, al mondo, ha avuto la meglio. Trovato morto nella sua auto in quello che è apparso subito come un suicidio, l'attore sarebbe crollato, stando alle ultime rivelazioni, dopo l'ennesimo interrogatorio sul suo presunto uso di droghe. Il 23 dicembre la star di "Parasite" era stato interrogato per 19 ore dalla polizia sudcoreana per scoprire se avesse davvero fumato una canna e provato ketamina per trovare pace dall'insonnia.
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Un'accusa per cui, stando alle severe leggi riguardanti l'uso di droghe del Sud Corea, Paese in cui la vendita di cannabis è punibile con l'ergastolo e dove sono previste addirittura pene detentive per coloro che ritornano in Corea del Sud dopo aver consumato legalmente cannabis all'estero, avrebbe rischiato oltre 5 anni di carcere. In quell'occasione Lee Sun avrebbe chiesto di essere sottoposto alla macchina della verità.
La morte dell'attore -
L'attore è stato trovato morto in un'automobile parcheggiata in una strada nel distretto centro-settentrionale di Seongbuk. Il manager di Lee aveva chiamato la polizia non riuscendo a trovarlo e immaginando evidentemente il gesto. Sul sedile del passeggero è stata trovata una mattonella di carbone usata probabilmente per avvelenarsi con monossido di carbonio. L'agenzia di stampa sudcoreana Yonhap ha riferito, citando la polizia, che l'attore 48enne ha anche lasciato in casa un messaggio "che sembra un testamento".
Le indagini ad ottobre -
Era stato indagato dalla polizia ad ottobre per il suo presunto uso di marijuana e altre droghe e si fa sempre più strada l'ipotesi che non abbia retto alla pressione anche mediatica secondo quanto scrivono i fan scatenati. "I media lo hanno reso un criminale prima del processo. La polizia ha cercato di usarlo come esempio per dimostrare che stanno lavorando sodo sui casi di droga. E la gente ha alleviato lo stress scrivendo commenti odiosi", è uno dei commenti, mentre la sua agenzia Hodo e U Entertainment nel confermare con dolore la morte chiede esplicitamente di "astenersi dal diffondere false voci e segnalazioni maligne basate su speculazioni e congetture affinché il viaggio finale del defunto non sia ingiusto".
La gogna mediativa -
Dopo le accuse, ad ottobre, le apparizioni televisive e gli introiti pubblicitari di Lee Sun-Kyun erano crollati e come se non bastasse i media avevano anche diffuso voci di una sua relazione extraconiugale. L'attore, che dal 2009 era sposato con l’attrice internazionale Jeon Hye-jin, dalla quale aveva avuto due figli, aveva perso serenità ed era terrorizzato.Lee Sun-Kyun era sotto indagine perché sospettato di aver fatto uso di droghe illecite presso la residenza di una hostess impiegata in un bar esclusivo di Seoul. Secondo l'agenzia Yonhap, l'attore ha affermato di essere stato "ingannato" dalla padrona di casa, che lo avrebbe indotto a consumare i farmaci assicurandogli si trattasse di farmaci per dormire e di non essere a conoscenza di cosa fossero.
I ricatti e l'inganno presunto -
Lee era risultato negativo ai test antidroga due volte, durante le indagini della polizia e in un test di laboratorio il mese scorso. Aveva inoltre sporto denuncia contro due persone, tra cui la padrona di casa, sostenendo che lo avevano ricattato ed estorto denaro. Alla donna l'attore avrebbe pagato inizialmente una grande cifra (intorno ai 250mila dollari ma ad oggi sono solo indiscrezioni) poi l'avrebbe denunciata, quindi "secondo la ricostruzione che sta emergendo in queste ore” lei avrebbe rivelato alla polizia di averlo incontrato in un bar del distretto di Gangnam, tenuto da tempo sotto controllo dalla polizia proprio per un traffico di erba.
Le scuse e la vergogna -
"Mi scuso sinceramente per aver causato grande delusione a molte persone essendo coinvolto in un incidente così spiacevole", aveva detto ad ottobre.
Scuse emotivamente molto sentite da parte dell'attore, in un Paese dove rivendicare la propria innocenza per aver fumato una canna non è possibile e dove si diventa colpevoli anche con la sola accusa. Scuse che non sono bastate presumibilmente e salvarlo dalla gogna mediatica e sociale e che lo hanno costretto al gesto estremo.