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Educazione civica, adolescenti italiani tra i più preparati al mondo | “Masticano” di politica ma sono già sfiduciati

Si interessano di questioni politiche e sociali più dei loro coetanei di altri Paesi, ne parlano di più a casa e hanno una maggiore voglia di partecipazione. Ma già nutrono una certa diffidenza verso le istituzioni e i loro rappresentanti

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C’è una classifica internazionale in cui siamo sorprendentemente ai primi posti: quella delle competenze di Educazione Civica. Gli studenti italiani, in terza media, sanno cosa vuol dire essere cittadini meglio dei loro coetanei di molti altri Paesi del mondo.

Il nostro punteggio, infatti, nella rilevazione IEA ICCS 2022, appena presentata, è di 523 punti, superiore di ben 15 lunghezze rispetto alla media internazionale (508). A evidenziarne i tratti salienti ci ha pensato Skuola.net

L’indagine misura le competenze di educazione civica tra i ragazzi alla fine della scuola secondaria di primo grado, in una ventina di nazioni. Non solo mettendo in luce il fatto che, di questioni politiche e sociali, già ne mastichiamo in tenera età. Ma sottolineando anche che i nostri tredicenni abbiano un livello di interesse verso tali tematiche che difficilmente troviamo altrove.

Il territorio e il contesto sociale di provenienza hanno un peso decisivo

Ciò non toglie l’esistenza di differenze “interne”. Come, purtroppo, il gap territoriale: gli esiti dei ragazzi che vivono nel Sud e nelle Isole sono molto differenti rispetto a quelli di coloro che abitano nel Centro e nel Nord Italia. Un divario che si traduce in una cinquantina di punti di distanza tra il rendimento di chi ha avuto il risultato più basso (495 è il punteggio medio nelle nostre isole) e chi, invece, ha raggiunto quello più alto (il nord-est, con 542). Da sottolineare, poi, che le ragazze sono generalmente più brave dei ragazzi: una tendenza, questa, presente in ben 18 Paesi, tra cui il nostro, dove le studentesse “bruciano” i compagni di classe con uno scarto medio di 27 punti.

L’indagine analizza anche il contesto in cui vivono i tredicenni, palesando come a un background socio-culturale più elevato corrisponde una performance migliore in educazione civica. Tra i vari parametri esaminati, oltre a quelli che riguardano ad esempio il tipo di occupazione e il titolo di studio dei familiari, c’è anche quello legato a una maggiore presenza di libri in casa; un “veicolo” di consapevolezza, questo, che a quanto pare fa bene ai cittadini del domani.

A dire il vero, per certi versi, questi cittadini del domani sembrano però già cittadini di oggi. Perché se da un lato riescono ad avere prestazioni migliori di buona parte dei coetanei esteri nelle prove di educazione civica, dall’altro manifestano anche una maggiore vicinanza alle questioni sociali e politiche. È il 39% degli italiani a dichiararsi interessato a esse, contro circa il 30% della media internazionale. Verosimile che le due cose vadano di pari passo.

Spesso questo interesse riflette tendenze familiari ma cresce quando anche i genitori - o chi per loro - sono attenti a certi argomenti. E, a dimostrazione di tale tesi, il ruolo della famiglia nella formazione civica dei ragazzi, soprattutto in Italia, è particolarmente evidente: quasi uno studente su due (47%) indica la propria casa come il luogo in cui discute e si informa su questioni politiche e sociali almeno una volta alla settimana, percentuale che mediamente si ferma a uno su tre (34%). I genitori sono quindi la principale fonte per i nostri ragazzi dopo la televisione (la guarda con costanza il 68%), e prima di Internet (42%) e dei giornali (28%).

Già da piccoli ci si sente poco rappresentati

Un aspetto questo, che è forse la spia di una certa diffidenza verso i media tradizionali che dalle nostre parti si manifesta già in tenera età. Va detto che il 61% li considera ancora attendibili - quota maggiore rispetto alla media internazionale del 52% - ma, se guardiamo alla rilevazione precedente (datata 2016), il dato è in flessione di più di 10 punti. Lo stesso atteggiamento si rileva nei confronti delle istituzioni, come il Parlamento: il 52% dei tredicenni italiani dice di avere fiducia in questo organo dello Stato, ma anche qui si registra un calo di circa 10 punti in sei anni. Il Governo nazionale ha credibilità per un giovane su due. Fa meglio la giustizia, visto che a conta sull’autorevolezza dei tribunali è il 64% del campione.

Il vero “buco nero” della sfiducia giovanile? Si materializza al cospetto della politica. Se i nostri ragazzi sono più preparati e interessati in ambito socio-politico, sono infatti anche più critici nei confronti di chi ci rappresenta: solo il 44% crede che in Italia il sistema funzioni bene (55% è il dato internazionale), appena il 36% pensa che i parlamentari sappiano dar voce agli interessi dei giovani (il 44% la media dell’area ICCS) e ben il 70% è dell’opinione che i rappresentanti politici non si preoccupino abbastanza dei desideri della gente (la media generale si ferma al 62%).

Eppure, non li abbiamo ancora persi. Nel senso che, nonostante tutto, i piccoli italiani hanno intenzione di esprimere il proprio voto una volta compiuti i 18 anni e credono nella democrazia più di quanto non accada altrove. Non nascondono, poi, la voglia di partecipazione e di impegno, sia nelle attività di politica scolastica - elezioni, assemblee, etc - sia in occasioni al di fuori della scuola. In particolare, dimostrano un sostegno straordinario, rispetto agli altri studenti, per quanto concerne la difesa dell’ambiente e dei diritti, soprattutto riguardo alla parità di genere e all’integrazione. Aiutati da un clima scolastico, a loro dire, aperto alla discussione e fra i più favorevoli rilevati dall’indagine. A conferma che l’educazione che parte dalla scuola e che trova appoggio in famiglia risulta vincente. Infatti, tutte le “buone intenzioni” appena passate in rassegna sono presenti in maggior misura tra chi ha competenze più elevate. Una soluzione, forse, allo scollamento tra giovani e politica a cui oggi, purtroppo, non si è ancora trovato rimedio.

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