L’Italia sta riscoprendo la pastorizia. Sono sempre di più le persone, soprattutto giovani e donne, che infatti decidono di cambiare vita e vivere in mezzo alla natura con a carico un gregge o un allevamento.
Una scelta affascinante ma non facile quella dell’into the wild. Vivere in montagna insieme agli animali può sembrare “figo”, ma comporta l’apprendimento di un mestiere faticoso e pieno di insidie. Ecco perché, negli ultimi anni stanno nascendo sempre più scuole dedicate alla pastorizia. Una di queste è la Scuola Giovani Pastori. Realizzata dal Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria) nell’ambito di Rete Rurale Nazionale, e dall’associazione Riabitare l’Italia, ha l’obiettivo di insegnare il mestiere del pastore a chi vuole trasferirsi o restare nelle aree interne italiane. Queste infatti sono soggette a spopolamento e rischiano di essere abbandonate, ma sono piene pure di gente desiderosa di avviare attività concrete in piccoli circuiti.
L’indagine “Giovani dentro”
Secondo un’indagine sull’aree interne italiane, promossa proprio dall’associazione Riabitare l’Italia e intitolata “Giovani dentro”, il 67% dei giovani (19-39 anni) vorrebbe rimanere nei territori in cui vive. Solo il 9% del sondaggio considera, infatti, il lavoro agricolo e di pastorizia un ripiego in mancanza di alternative lavorative. Mentre la maggior parte vede almeno un motivo valido per lanciarsi in questo campo. I dati del report rappresentano un quadro molto chiaro: quello che spesso manca loro, sono gli strumenti, una rete di relazioni e le opportunità lavorative. Non certo la passione e la voglia.
© sito ufficiale
La scuola serve proprio a questo: sostenere chi vuole vivere dignitosamente anche nei luoghi più isolati. Quella del Crea e di Riabitare l’Italia ha un carattere particolare che la distingue dalle altre: è infatti una scuola con un modello itinerante e un metodo didattico di peer education (educazione tra pari).
“Essere pastori oggi vuol dire fare una scelta consapevole di uno stile di vita ma anche avere tutti gli strumenti per poter affrontare una sfida imprenditoriale e la gestione di un allevamento con modelli innovativi e basati sul pascolo come pratica fondamentale. Bisogna essere proiettati al futuro, recuperando i saperi del passato, ritornando alla terra, ma non in una dimensione folclorica e nostalgica – spiega la responsabile del progetto, Daniela Storti (Crea) – con la nostra scuola offriamo ai giovani la possibilità di capire meglio questo mondo, coinvolgendo nel progetto pastori e aziende di riferimento, fornendo un supporto e creando una rete”.
La prima edizione (2022-2023), realizzata anche con il contributo di Fondazione Cariplo, si è focalizzata sulle aree interne del Nord-Ovest ma è stata aperta alla partecipazione di giovani provenienti da tutta Italia. Ai 15 ragazzi (under 40) selezionati da una rosa di 50 candidati, è stato offerto un momento di formazione sia pratica che teorica su pascolo e allevamento in aree montane, caseificazione e trasformazione delle materie prime.
Il secondo modulo su produzione, trasformazione e valorizzazione del prodotto si è tenuto, invece, a Moretta, presso l’Agenform (Agenzia dei servizi formativi della provincia di Cuneo). Qui gli studenti hanno imparato come fare dei formaggi artigianali in maniera scientifica con strumenti all’avanguardia. Dopo la positiva esperienza di Cuneo in primavera (2024),si partirà con un secondo step in Sicilia, dove ci si stabilirà sul territorio delle Madonie.
© sito ufficiale
I nuovi pastori
Ma chi sono i nuovi pastori? Alla scuola hanno partecipato sia persone con attività avviata che chi voleva cominciare da zero.
Chiara Gasparotto, 37 anni, è una mamma milanese che ora vive nelle Langhe, a Murazzano. Il suo obiettivo è quello di recuperare una vecchia cascina producendo vino, orto e prodotti caseari. “Vengo da Milano ma ho girato molto. Ho studiato a Venezia (lingue e culture dell’Eurasia) e ho vissuto in India per approfondire questa cultura. Poi sono mi sono trasferita a Londra per amore, ma mi stava stretta perché avevo bisogno di una vita di comunità e soprattutto della campagna”.
Cosa ha imparato dalla scuola? “Mi sono iscritta per ampliare le mie conoscenze e confrontarmi con chi fa questo mestiere. A livello tecnico ho imparato come utilizzare al meglio il pascolo e a gestire gli spazi in maniera sostenibile. Della scuola mi ha colpito l’approccio non tradizionale, incentrato sulla sostenibilità, sul contatto umano e sul confronto alla pari. Dei formaggi – continua – sapevo davvero poco e la scuola mi ha dato molti più spunti. La cosa più bella di questa vita? È il pascolo: sentire i profumi, conoscere le piante spontanee ed esplorare i boschi”.