solo cure palliative

Indi Gregory, rinviato lo stop al supporto vitale | All'ospedale Bambino Gesù tutto pronto per accoglierla

La neonata inglese soffre di una grave malattia mitocondriale incurabile. La struttura romana potrebbe offrirle solo cure palliative: non c'è una terapia innovativa

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Lo stop ai supporti vitali per Indi Gregory, la neonata che soffre di una grave patologia mitocondriale che provoca gravi danni al corpo e che non ha cura, è slittato nuovamente. Lo ha riferito il padre della bimba, spiegando che sul caso in giornata si pronuncerà l'Alta Corte del Regno Unito, a cui la famiglia ha presentato ricorso dopo la decisione della giustizia britannica di fermare le macchine che tengono in vita la piccola. Indi ha ottenuto la cittadinanza italiana con un provvedimento "umanitario" di urgenza del governo di Giorgia Meloni, dopo che l'ospedale Bambino Gesù di Roma si è offerto di continuare ad assisterla. Ma la struttura sanitaria romana avrebbe un posto pronto per lei al Centro di Passoscuro, nel comune di Fiumicino, che ospita i bambini che non possono guarire dalla loro malattia: alla piccola non si offrirebbe nessuna terapia innovativa, bensì cure palliative. 

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La malattia -

 La sindrome di deplezione mitocondriale che ha colpito la piccola Indi è un grave disturbo neuro-metabolico a livello mitocondriale che compromette in modo drammatico la qualità e l'aspettativa di vita. Infatti, esso impedisce alle cellule di produrre energia e ha effetti devastanti su cervello, fegato, cuore e muscoli. Già ora la neonata non è in grado di respirare senza le macchine, e il cuore prima o poi smetterà inesorabilmente di battere. Questa patologia è la stessa di cui soffriva Charlie Gard, un altro bambino britannico che sei anni fa l'Italia era pronta ad accogliere ma a cui furono interrotte le terapie prima che potesse avvenire il trasferimento. 

La normativa in Italia -

 L'accanimento terapeutico nei confronti della piccola Indi, il cui percorso clinico appare purtroppo destinato a quello che in questi casi i dottori chiamano burocraticamente "un esito infausto", vale a dire una previsione che il malato non sopravviverà, andrebbe contro la legge e la deontologia medica italiana. Infatti, la legge 219 del 2017 prescrive che nei casi di casi di paziente con prognosi infausta, il medico non deve attuare "un' irragionevole ostinazione" nella somministrazione delle cure e il diritto in caso di rifiuto di un trattamento sanitario, alle cure palliative. 

Il giuramento di Ippocrate e la deontologia - Pur senza citare la normativa, anche l'articolo 39 del Codice di Deontologia Medica fa riferimento al fatto che "in caso di malattie a prognosi sicuramente infausta, il medico deve improntare la sua opera a comportamenti idonei a risparmiare inutili sofferenze psichico-fisiche. Egli deve proseguire nella terapia di sostegno vitale finché ritenuta ragionevolmente utile evitando ogni forma di accanimento terapeutico.”

Il trattamento al Bambino Gesù -

 Se i medici dell'ospedale di Nottingham autorizzassero il trasferimento di Indi in Italia, l'ospedale Bambino Gesù di Roma ha fatto sapere la sua disponibilità a prendere in carico la bambina e a offrirle cure palliative presso il Centro di Passoscuro. Infatti, i medici dell'ospedale romano non hanno mai messo in discussione quanto accertato dai colleghi britannici: la patologia che ha colpito Indi è una malattia genetica il cui esito è, tragicamente, scontato.

Nessun contrasto con la diagnosi dei medici Gb - Se la bambina arriverà a Roma naturalmente si eseguiranno nuovi approfondimenti diagnostici, come è doveroso, ma il quadro clinico appare già sufficientemente chiaro e gli esperti del Bambino Gesù sono intenzionati a operare in continuità con i trattamenti terapeutici adottati fino a oggi dagli inglesi. La disponibilità offerta dall'ospedale romano ha sempre avuto un unico vero obiettivo: quello di ristabilire una relazione di fiducia tra medici e genitori. Si vorrebbe portare il padre e la madre della piccola Indi ad affidarsi ai medici e al loro parere, cancellando quel clima conflittuale, che ormai ha guastato le comunicazioni tra la famiglia e la sanità inglese.

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