A Palermo un commesso giudiziario in servizio alla Procura, Feliciano Leto, è stato arrestato dalla polizia con l'accusa di essere una talpa al servizio della criminalità. Le accuse per lui sono di favoreggiamento continuato e aggravato. È un addetto al trasporto dei fascicoli dalle segreterie dei Pm agli altri uffici del Tribunale che, secondo l'accusa, avrebbe illegittimamente consultato i procedimenti, fotografato e diffuso atti coperti dal segreto, portato all'esterno fascicoli, informato i diretti interessati su indagini in corso su intercettazioni avviate arrecando un grave danno a diverse inchieste.
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Scoperto grazie a un trojan installato sul cellulare -
Leto proveniva dal bacino degli ex pip, ex precari del bacino di emergenza di Palermo. La polizia è riuscita a installare un trojan nel suo cellulare, scoprendo così che il commesso avvertiva gli indagati del fatto che fossero intercettati. Leto è genero dell'imprenditore Vincenzo Passantino, titolare di una ditta di trasporti sottoposta a interdittiva antimafia e il sabato, giorno di riposo dall'impiego a Palazzo di giustizia, lavorava per l'azienda del familiare.
Accertata fuga di notizie su due inchieste -
Sono due, al momento, gli episodi di favoreggiamento contestati all'uomo. Il primo è stato scoperto nel corso di una inchiesta su due rapinatori. Durante una conversazione intercettata uno dei due fa un riferimento a Leto, senza farne il nome, che insospettisce gli investigatori. Nel cellulare del commesso viene a quel punto piazzato un trojan che ne registra telefonate e dialoghi e scattano i pedinamenti. Si accerta così che Leto, che aveva la disponibilità delle carte dell'indagine sulla rapina, scattava col cellulare le foto di immagini presenti nel fascicolo - una di un'auto e di un uomo tatuato - e le trasmetteva agli autori del colpo. Un aiuto decisivo ai banditi che dal contatto col commesso smettevano di parlare al telefono e dismettevano le sim dei cellulari. Il secondo episodio di favoreggiamento riguarda un indagato
per corruzione e falso. "Io non ti ho mandato niente perché hai pure WhatsApp sotto controllo - diceva Leto durante un incontro con l'uomo vicino al tribunale avvertendolo di stare attento nelle sue conversazioni al cellulare -. Ci sono intercettazioni fino al 15 ottobre prorogate, ci sono proroghe controproproghe intercettazioni e contro intercettazioni: tu per ora hai il telefono sotto
controllo".
"Era punto di riferimento per circuito criminale" -
Secondo le indagini delegate dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo alla Squadra mobile della Questura e alla sezione di Polizia giudiziaria della Polizia di Stato, il commesso giudiziario, proveniente dal bacino dei precari regionali, è stato identificato come "il punto di riferimento per i diversi soggetti del circuito criminale palermitano che intendono verificare l’esistenza e lo stato di indagini a loro carico", si legge nella nota con cui il procuratore di Palermo Maurizio De Lucia ha diffuso la notizia dell'esecuzione dell'ordinanza. L’operazione, che ha incluso diverse perquisizioni domiciliari, è stata resa "urgente e necessaria per la tutela di numerose e importanti investigazioni". "L'operazione - scrive ancora De Lucia - fa parte di una più ampia attività, da sempre prioritaria per la Procura di Palermo, volta a salvaguardare la riservatezza delle delicatissime indagini trattate e, quindi, alla individuazione di ‘talpe’ che, ciclicamente, cercano di interferire nella corretta amministrazione della giustizia".
Chi è Maurizio De Lucia -
Maurizio De Lucia, il procuratore capo di Palermo, ha una lunga esperienza nelle indagini di mafia e antimafia. È stato a lungo pubblico ministero a Palermo, prima di passare in direzione nazionale antimafia e infine alla Procura di Messina. Nel 2022, il Consiglio Superiore della Magistratura ha dato il via libera per il ritorno di De Lucia a Palermo, dove è stato nominato all’unanimità Procuratore di Palermo. De Lucia ha coordinato diverse operazioni importanti, tra cui la cattura del boss mafioso Matteo Messina Denaro. L'ex capo di Cosa Nostra, latitante per quasi trent'anni, è stato arrestato a Palermo il 16 gennaio 2023. Il 25 settembre, otto mesi dopo, Messina Denaro è morto a L'Aquila, dove era stato trasferito.