Sul caso dell'uccisione di Giulia Tramontano, la Procura di Milano ha chiesto il giudizio immediato nei confronti di Alessandro Impagnatiello. Il 30enne è in carcere per aver ucciso il 27 maggio a Senago, in provincia di Milano, la fidanzata incinta al settimo mese. La richiesta sarà vagliata dal gip Angela Minerva.
La ricostruzione -
Secondo l'indagine, coordinata dal pm Alessia Menegazzo e dall'aggiunto Letizia Mannella e condotta dai carabinieri del Nucleo investigativo, Impagnatiello ha ucciso la sua compagna, in attesa di un bambino, con 37 coltellate e poi ha cercato di bruciare e di sbarazzarsi del corpo ritrovato quattro giorni dopo l'assassinio tra le sterpaglie vicino a dei box e non molto lontano dalla loro abitazione a Senago, nel Milanese. Nei mesi precedenti, secondo la ricostruzione, avrebbe però tentato di avvelenarla con il topicida.
Le aggravanti -
All'uomo, quindi, sono stati contestati l'omicidio aggravato dalla premeditazione, dalla crudeltà, dai futili motivi e dal rapporto di convivenza, e poi l'occultamento di cadavere e l'interruzione di gravidanza non consensuale. In base agli accertamenti e agli esiti di una consulenza autoptica, infatti, è stata rilevata la presenza di un veleno per topi, il "bromadiolone" sia nel "sangue che nei capelli" di Giulia sia nei "tessuti e capelli fetali" del bimbo che aveva in grembo, addirittura con un "incremento" della somministrazione "nell'ultimo mese e mezzo".
Premeditazione e crudeltà -
Inoltre è emerso che la 29enne, morta dissanguata, era ancora viva dopo ogni coltellata. Due elementi, questi, che rafforzano le aggravanti, contestate dalla Procura, della "premeditazione" e della "crudeltà". Entrambe erano state escluse dal gip Minerva nell'ordinanza di custodia in carcere a carico del barman 30enne di un hotel di lusso a Milano, che aveva una doppia vita e che, stando alle indagini, avrebbe potuto uccidere anche l'altra donna con cui aveva contemporaneamente una relazione.
Parti civili -
La giovane di 23 anni, però, dopo aver conosciuto Giulia con cui era nato un legame di solidarietà, quella sera non lo fece entrare in casa per "paura". La famiglia di Giulia si costituirà parte civile. Richiesta che verrà avanzata anche dal Comune di Senago, con l'avvocato ed ex pm Antonio Ingroia.