Nelle motivazioni della sentenza sul processo Regeni, la Consulta scrive che "non è accettabile, per diritto costituzionale interno, europeo e internazionale", la paralisi sine die del processo per i delitti di tortura commessi da agenti pubblici. L'impossibilità di notificare personalmente all'imputato gli atti di avvio del processo, a causa della mancata cooperazione dello Stato di appartenenza, "si risolve nella creazione di un'immunità de facto", che offende tra l'altro i diritti inviolabili della vittima (Articolo 2 della Costituzione) e il principio di ragionevolezza (Articolo 3).