LA CASSAZIONE

Morte Desirée Mariottini, Cassazione: cadono alcune accuse, ci sarà Appello bis

La Procura generale aveva chiesto la conferma delle condanne

Sono cadute in Cassazione alcune accuse per i quattro imputati per la morte di Desirée Mariottini, la 16enne originaria di Cisterna di Latina, deceduta il 19 ottobre del 2018 a causa di un mix di droghe, dopo essere stata abusata in un immobile abbandonato di via dei Lucani nel quartiere San Lorenzo. I giudici della prima sezione hanno quindi disposto un Appello bis.

Quali sono le accuse che cadono -

 I giudici hanno disposto un Appello bis per Mamadou Gara, già condannato all'ergastolo, in riferimento all'accusa di omicidio. Per Brian Minthe, condannato a 24 anni e mezzo al termine dei primi due gradi di giudizio, ci sarà un nuovo processo in relazione alla accusa di cessione di droga. Per Minthe è caduta anche un'aggravante, così come per Alinno Chima condannato in appello a 27 anni. Infine assolto dall'accusa di violenza sessuale Yussef Salia che era stato condannato in secondo grado all'ergastolo. I giudici per lui hanno confermato la responsabilità per le altre accuse.

La reazione della famiglia di Desirée Mariottini -

 "E' un dispositivo complesso, andranno lette le motivazioni relativamente ai giudizi di rinvio", afferma Claudia Sorrenti, avvocato della zia di Desirée. "Quello che ha sconvolto la madre e i familiari è la non conferma dell'accusa di violenza sessuale per uno degli impuntati anche se resta la condanna all'ergastolo. E' una sentenza che farà discutere anche se l'accusa di omicidio ha retto per tre imputati".

Come è morta Desirée Mariottini -

 Secondo quanto accertato dagli inquirenti la 16enne morì a causa di un mix letale di sostanze stupefacenti. La ragazzina, vittima anche di abusi, fu trovata senza vita in un immobile abbandonato nel quartiere San Lorenzo. Una fine tragica in cui fu determinate, secondo l'accusa portata avanti dalla Procura, il ruolo svolto dai quattro. In base all'impianto accusatorio, gli imputati, con ruoli diversi, non fecero sostanzialmente nulla per cercare di salvare la vita alla ragazza originaria della provincia di Latina.

"Lo stato di semi incoscienza in cui versava le impedì anche di rivestirsi. Desirée respirava appena e nonostante fosse incosciente - disse il procuratore generale nel corso del primo processo di appello - gli imputati rimasero indifferenti. Dicevano che si stava riposando pur sapendo che aveva assunto sostanze e si mostrarono minacciosi verso chi tra i presenti voleva chiamare i soccorsi fino a pronunciare la terribile frase: 'Meglio lei morta che noi in galera'". 

Ancora più pesante quanto cristallizzato dai giudici di primo grado nelle motivazioni della sentenza del giugno 2021. "Non si trattò solo della cinica e malevola volontà di non salvare la giovane dall'intossicazione - scrive il tribunale - di cui loro stessi erano stati autori e di impedire le indagini delle violenze da lei subite, ma in forma più estesa, di conservare la propria 'casa' e le proprie fonti di 'reddito', oltre a un tranquillo e sostanzialmente indisturbato luogo di consumo degli stupefacenti, che rendeva eccezionale e noto quel rifugio". Toccherà ora di nuovo ai giudici di secondo grado di piazzale Clodio vagliare la responsabilità di alcuni dei quattro imputati.

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