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Cibo ed economia: l’inflazione morde a tavola

Il prezzo dello zucchero è cresciuto del 43% ad agosto 2023 rispetto ad agosto 2022, la verdura del 20,1%, la frutta del 9,4%. Numeri insostenibili, che lanciano segnali da monitorare con attenzione

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L’inflazione è un fenomeno che ci accompagna ormai da un biennio. I primi segnali si sono avvertiti pesantemente sulle bollette, ma il vero nervo scoperto a ogni nuova ondata di rincari è il carrello della spesa, che colpisce chiunque in maniera indistinta.

In Italia, segnala l’ISTAT, a settembre l’inflazione è cresciuta secondo le stime provvisorie del 5,3% su base annua, in leggero rallentamento rispetto ai mesi precedenti. Nello stesso mese ha frenato in maniera più consistente proprio il carrello della spesa, che ha visto i prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona passare dal +9,4% annuo di agosto a +8,3%. Mentre quelli dei prodotti ad alta frequenza di acquisto sono passati da +6,9% a +6,6%.

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Numeri ancora elevati ma perlomeno non più a doppia cifra, come il +12% segnato ad esempio a gennaio 2022. Complessivamente un dato è abbastanza chiaro: gli alimenti segnano rincari quasi doppi rispetto al tasso di inflazione generico. Nel tentativo di attutire la corsa dei prezzi, che sta mettendo in difficoltà centinaia di migliaia di famiglie italiane, l’esecutivo ha promosso nelle scorse settimane il “trimestre anti-inflazione”, un’iniziativa volta a favorire il contenimento dei costi e tutelare il potere d’acquisto dei consumatori.

Le imprese aderenti dal 1° ottobre al 31 dicembre propongono una selezione di articoli a prezzi contenuti mediante modalità flessibili. Sono coinvolti beni di prima necessità, alimentari e non, di largo consumo, compresi quelli rientranti nel carrello della spesa, oltre ai prodotti per l’infanzia e la cura della persona.

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Del resto, calcolava Coldiretti qualche settimana fa, il prezzo dello zucchero è cresciuto del 43% ad agosto 2023 rispetto ad agosto 2022, la verdura del 20,1%, la frutta del 9,4%. Numeri insostenibili sul lungo periodo, che lanciano segnali da monitorare con attenzione. Come quelli contenuti nelle tabelle allegate alla Nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza del Governo, in cui si sottolinea come gli indicatori di benessere equo e sostenibile si aspettano da qui al 2026 un’incidenza elevata di persone in eccesso di peso rispetto al totale della popolazione. La spiegazione più immediata è legata proprio al caro alimenti. I prezzi alti spingono le persone a ridurre la qualità di ciò che acquistano, per provare a spendere meno. E meno qualità significa spesso cibo meno sano, che incide direttamente sulla massa corporea. Un’inflazione che dal carrello della spesa arriva fino alla bilancia.

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