La società Tether, emittitore delle criptovalute stablecoin (progettate per mantenere un prezzo costante) più grande al mondo, ha congelato 32 portafogli virtuali legati a gruppi terroristici utilizzati per finanziare la guerra in Israele e in Ucraina. Il valore totale del denaro bloccato è di 873.118 di dollari, corrispondenti a quasi 830mila euro, un risultato ottenuto in collaborazione con l'ufficio nazionale israeliano per il finanziamento antiterrorismo. I soldi venivano investito per sollecitare donazioni ad Hamas sui social media. Resta complicato risalire ai proprietari dei conti elettronici poiché gli indirizzi bancari erano intestati a pseudomini.
Indagini a livello globale -
"Collaboreremo con le forze dell'ordine globali come parte del nostro impegno per la sicurezza e l’integrità finanziaria", ha detto il Ceo di Tether, Paolo Ardoino. La società ha dichiarato di aver assistito 31 agenzie in tutto il mondo con indagini in 19 giurisdizioni, congelando ben 835 milioni di dollari.
Gli utenti utilizzano criptovalute come stablecoin per effettuare transazioni "fantasma", difficili da tracciare e dunque sfruttate per fini illeciti. Secondo Ardoino la criptovaluta "non è uno strumento per la criminalità", tuttavia, la compagnia di intelligence finaziaria Trm Labs, ha riscontrato nel 2022 un aumento del 240% dell'uso della "moneta" Tether tra le entità che finanziano il terrorismo.
Criptovalute per finanziare le guerre -
Le criptovalute sono state già utilizzate durante il conflitto tra Russia e Ucraina. Kiev avrebbe raccolto oltre 100 milioni di donazioni per il Paese, mentre i gruppi pro-russi le utilizzavano sui social media per investire in acquisti militari e propaganda. Le attività del gruppo militare palestinese di Hamas erano già sotto indagine da parte dei funzionari del Dipartimento di Giustizia di Washington. Israele, da parte sua, ha sequestrato numerosi indirizzi di criptovaluta legati all'organizzazione islamica per un totale pari a decine di milioni di dollari, accumulati virtualmente per evitare sanzioni.
Nonostante per gli esperti sia molto difficile fermarli, i militanti hanno postato su Facebook e X richieste esplicite di donazioni, con tanto di indirizzo del portafoglio crittografico. A monitorare la situazione sui social è il Dipartimento di Sicurezza Interna degli Stati Uniti, che ha anche portato in tribunale alcuni dei donatori pro-Hamas. Le brigate di Al-Qassam vivono di questa raccolte fondi: solo tra il 2020 e il 2023 hanno guadagnato 41 milioni di dollari, da aggiungere ai finanziamenti provenienti dall'Iran e dagli altri Paesi alleati.