Al cinema arriva l'atteso "Killers of the Flower Moon", di Martin Scorsese con un cast stellare, che vede tra gli interpreti principali Leonardo DiCaprio, Robert De Niro e Jesse Plemons.
Ispirato a una storia vera, che, negli anni Venti, sconvolse l’opinione pubblica americana, il film, presentato con successo al Festival di Cannes lo scorso maggio, è un epico western noir, che racconta uno spaccato di storia americana di crimini a sfondo razzista.
Dal best seller di David Grann -
Lungo quasi tre ore, "Killer of the Flower Moon" è diretto dal premio Oscar Martin Scorsese, che ne ha firmato anche la sceneggiatura insieme a Eric Roth, ispirandosi al best seller omonimo di David Grann.
Ambientata negli anni Venti, nel crepuscolo del Vecchio West, la storia racconta le razzie perpetrate nella Contea degli Osage e la nascita di una squadra speciale all'interno dell'FBI, creata per indagare in merito.
Al centro del libro di Grann c’è la Nazione Osage, la tribù di nativi americani costretta a spostarsi verso ovest dall’Ohio e dalle valli del Mississippi, attraverso il Missouri e il Kansas, per giungere infine, per ordine del governo americano, nel cosiddetto “territorio indiano” dell’ Oklahoma, dove rimase fino alla fine del 1800.
La trama -
All’inizio del XX secolo la scoperta del petrolio trasformò l’esistenza degli Osage che diventarono da un giorno all’altro immensamente ricchi. L’improvviso benessere di questi native americani attire l’interesse dei bianchi che iniziarono a manipolare, estorcere e sottrarre con l’inganno i beni degli Osage fino a ricorrere all’omicidio.
“Killers of the Flower Moon” racconta la complicata relazione fra Ernest Burkhart (Leonardo DiCaprio) e Mollie Kyle (Lily Gladstone), in cui un sentimento di vero amore si intreccia a un vile tradimento.
I fatti reali -
Quando, nel 1894, furono scoperti giacimenti petroliferi nella terra degli Osage, la tribù divenne ricchissima, grazie ai diritti minerari e alla locazione dei campi agli imprenditori. Il territorio fu invaso da speculatori assetati di ricchezza. Iniziò un periodo di grande sfruttamento e non solo da parte dei criminali che si riversarono nelle cittadine in rapida espansione, ma anche del governo americano che inaugurò un sistema corrotto e razzista di “custodia” del territorio, secondo il quale le ricchezze dei nativi americani dovevano essere gestite da tutori bianchi, i quali di fatto si appropriarono illecitamente di profitti milionari.
Nel corso del cosiddetto Regno del Terrore dei primi anni Venti, decine di membri Osage furono assassinati in circostanze misteriose, molti di loro avvelenati, affinché le loro concessioni terriere (comprese le quote dei diritti petroliferi) potessero essere ereditate da cacciatori di fortuna che si introducevano nei loro territori sposando le donne del luogo a scopo di lucro. Nel 1923 l’FBI avviò un’indagine su richiesta degli Osage, e questo fu uno dei primi casi di omicidio trattati dal bureau federale. Ma il danno ormai era fatto.
La collaborazione con la Nazione Osage -
Tra le decisioni prese da Scorsese la più importante riguarda la piena collaborazione da parte della Nazione Osage nella lavorazione del film. Nel rivolgersi agli Osage, Scorsese ha voluto apprendere la loro storia, cultura, tradizioni e preoccupazioni, ha ascoltato i loro racconti, i loro sogni, e ha cercato il sostegno della comunità in ogni fase della produzione. Inoltre, ha fatto in modo che gli Osage fossero trattati sempre con rispetto e riguardo, garantendo che la loro vicenda fosse raccontata in modo autentico e veritiero.
Si è affermato un principio molto innovativo: laddove possibile, i personaggi Osage dovevano essere interpretati da attori appartenenti alla comunità Osage e se questo non fosse stato possibile (come nel caso di Lily Gladstone), ogni ruolo Osage sarebbe stato comunque recitato da un nativo americano. Infatti, tutti i membri Osage del film sono interpretati da autentici nativi americani.
La violenza dei bianchi contro le minoranze -
"Questo libro è stato una vera e propria rivelazione", ha dichiarato l’attore Leonardo DiCaprio, ricordando anche il massacro di Tulsa del 1921, un altro orribile episodio di violenza dei bianchi contro una minoranza, avvenuto in un territorio poco distante (purtroppo sono trascorsi cento anni prima che queste ingiustizie fossero rese note). “Mentre il massacro di Tulsa è stato un palese attacco contro un’intera comunità afroamericana, la strage degli Osage è stata più machiavellica e si è protratta per anni; i suoi effetti si ripercuotono anche nel nostro presente”.
Un'ingiustizia nel cuore del Paese -
Killers of the Flower Moon, basato su un ignobile episodio della storia americana, non doveva seguire uno schema tradizionale. L’adattamento cinematografico di Scorsese e Roth ruota infatti intorno a un eroe piuttosto diverso dagli altri: Thomas Bruce White Sr., l’eroico ranger texano e agente FBI che ha avuto il merito di risolvere il mistero degli omicidi della tribù Osage.
Di Caprio ha però sottolineato: "Nel libro la storia funziona benissimo ma abbiamo voluto evitare di raccontare l’ennesima storia di un agente FBI bianco che salva la situazione, perché il rischio di questo clichè era concreto. David Grann è stato sempre molto chiaro:"Se dovete fare un film su questo argomento, è importante capire il ruolo degli Osage’”.
Il tradimento della fiducia e dell'amore al centro del film -
Alla fine, però, la soluzione è arrivata direttamente dalle trascrizioni del tribunale e dal racconto in prima persona di Grann del processo per omicidio degli Osage, a cui Roth ha dato la forma drammatica nella sceneggiatura. Alla sbarra c'era Ernest Burkhart, un ambiguo veterano della Prima Guerra Mondiale che aveva trovato lavoro nei giacimenti petroliferi di Fairfax, in Oklahoma. Burkhart ha fornito una testimonianza sulla sua partecipazione a un complotto criminale ideato da suo zio: un complotto che prevedeva il suo matrimonio con una donna di una ricca famiglia Osage e il successivo omicidio dei parenti della moglie, fra cui sorelle, cognato, cugino e persino la madre, il tutto allo scopo di ereditare le concessioni terriere. Mollie, sua moglie, sarebbe stata la sua prossima vittima.
“Quello è stato il momento più emozionante”, racconta DiCaprio.“Dare vita a una vicenda così complessa, oscura, con personaggi affascinanti, raccontare il modo in cui queste due persone rimangono insieme, anche dopo il processo, e si separano solo alla fine. Martin è un maestro nel conferire umanità a personaggi pieni di conflitti e tutto sommato incolori. Questo doveva essere il fulcro del film, non l’indagine condotta da un forestiero che cerca di capire chi abbia commesso i crimini”.
Il tradimento personale è diventato quindi la chiave per personalizzare Killers of the Flower Moon. “Ernest e Mollie sono al centro della storia”, spiega il regista. "Assistiamo a come la fiducia e l’amore vengono compromessi e traditi. E per quale motivo? Per avidità, per brama di possesso, per ottenere sempre di più: più terra, più soldi. Questo argomento mi interessa per tanti motivi, soprattutto perché è alle origini della mia cultura”.