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Troppo cibo nel cestino: i numeri dello spreco

Si celebra oggi il World Food Day, un giorno per sensibilizzare sull’importanza del valore del cibo, in un mondo dove dal 1974 ad oggi lo spreco alimentare è aumentato del 50%

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Il 17% del cibo del mondo viene sprecato a livello domestico, a casa nostra, mentre un ulteriore 13% partendo dalla raccolta non arriva sugli scaffali. Uno degli obiettivi della Giornata Mondiale dell’Alimentazione è proprio quello di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla necessità di ottenere sistemi agroalimentari più efficienti e sostenibili.

Leggi migliori, governi mondiali più allineati, agricoltori e società civile, mondo accademico, cittadini e aziende private: chiunque è chiamato in causa. Soprattutto perché il dimezzamento dello spreco a livello planetario è uno dei punti fondamentali dell’Agenda 2030. Occorre però riconsiderare le proprie abitudini, essere più severi con se stessi. Si spreca perché si compra troppo, non si fa attenzione alle date di scadenza, si cucina il più delle volte in eccesso, senza pensare di riutilizzare ciò che è avanzato. 

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Dal 1974 ad oggi lo spreco alimentare nel mondo è aumentato del 50% e il cibo che finisce nel cestino potrebbe sfamare l’intera Africa. Tutti colpevoli, perché cambiare le abitudini o fare autocritica richiede fatica. Molto più facile pensare che sia un problema causato da altri.

Frutta, pane, insalata, verdure: sono gli alimenti più sprecati in assoluto. Occorre programmare meglio, magari con un menù settimanale, per una spesa mirata, e il congelatore pieno. Focalizzandoci sull’Italia, a ognuno di noi lo spreco alimentare costa 385 euro all’anno, considerando i quasi 30 chili di cibo buttato. 75 grammi al giorno, 524 a settimana. Numeri che crescono al sud e per le famiglie senza figli, mentre oltre 2.600.000 persone nel nostro Paese faticano a nutrirsi

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Tra agricoltura, industria e distribuzione, l’anno scorso si sono sprecati in Italia oltre 4 milioni di tonnellate di cibo, pari a 9 miliardi di euro. Spreco che in aggiunta ha un impatto ambientale, pensando al biossido di carbonio sprigionato inutilmente nell’atmosfera per produrre beni alimentari destinati alla pattumiera, e ai milioni di metri cubi d’acqua ugualmente utilizzati per niente dalla filiera produttiva e dai singoli consumatori. 

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