Marcel Duchamp è una delle figure più influenti e innovative della storia dell'arte del XX secolo, padre dell’arte concettuale e autore di opere in grado di sovvertire le convenzioni artistiche dell’epoca, oltre a essere ispiratore di molti dei movimenti artistici del secondo dopoguerra. “Un duplicato o una ripetizione meccanica ha lo stesso valore dell'originale” era il suo motto. Dal 14 ottobre al 18 marzo la Collezione Peggy Guggenheim di Venezia accoglie "Marcel Duchamp e la seduzione della copia", a cura di Paul B. Franklin. In questa prima grande personale che il museo gli dedica, l'obiettivo è dimostrare attraverso una ampia e variegata selezione di opere quanto l'artista, abituato a riprodurre i suoi lavori con tecniche diverse, in dimensioni diverse ed edizioni limitate, fosse convinto che alcuni duplicati e i loro originali potessero offrire un analogo piacere estetico.
La mostra -
“Duchamp è stato un artista che ha sempre sfidato le convenzioni, dal momento in cui ha cominciato a fare arte, nel 1902, alla sua morte, nel 1968”, afferma il curatore Paul B. Franklin. “Duchamp sosteneva che un duplicato o una ripetizione meccanica hanno lo stesso valore dell’originale; pertanto, nelle sue opere voleva dimostrare la veridicità di questa affermazione, proponendo un nuovo paradigma per la storia dell’arte moderna, secondo il quale alcune copie e i rispettivi originali suscitano forme analoghe di piacere estetico”. È su questo principio che si basa la mostra "Marcel Duchamp e la seduzione della copia", che "esplora i molteplici approcci adottati dall’artista per duplicare le proprie opere senza soccombere alla copia pura e semplice”, prosegue Franklin. L'esposizione veneziana offre l’occasione unica di mettere in relazione una selezione fondamentale di opere del dissacrante artista francese, che sempre sfidò le convenzioni rifiutando di rispettare le gerarchie culturali e commerciali dettate dal mondo dell’arte di inizi Novecento. Attraverso il percorso non solo si potranno discernere le intricate connessioni visive, tematiche e concettuali che uniscono i diversi lavori di Duchamp in un unico corpus, ma si potrà anche cogliere la misura in cui questi "oggetti" stravaganti, spesso ibridi, hanno turbato e talvolta rifuggito totalmente le classificazioni artistiche tradizionali dell’epoca in cui sono stati creati.
Le opere -
Con una sessantina di opere realizzate tra il 1911 e il 1968, l'esposizione presenta lavori iconici provenienti dalla Collezione Peggy Guggenheim, quali "Nudo" (schizzo), "Giovane triste in treno" (1911) e "Scatola in una valigia" (1935-41), e da altre prestigiose istituzioni museali italiane e statunitensi, tra cui la Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea di Roma, il Philadelphia Museum of Art, il Museum of Modern Art di New York, il Solomon R. Guggenheim Museum di New York. Ad affiancare questo nucleo di opere, una serie di lavori meno noti al grande pubblico appartenenti all’Estate dell’artista nonché a collezioni private. Molte opere esposte, la metà circa, provengono inoltre dalla collezione veneziana di Attilio Codognato, lungimirante collezionista che fin dai primi anni 70 si è interessato alla produzione dell’artista francese.
La riproduzione -
Nonostante crei alcuni dei dipinti più noti del XX secolo, tra cui Nudo (schizzo), Giovane triste in treno e Il re e la regina circondati da nudi veloci (1912) capolavoro proveniente dal Philadelphia Museum of Art, presente in mostra – e per la prima volta messo in dialogo con la sua riproduzione colorata dall’artista (coloriage original), contenuta all’interno di Scatola in una valigia – Duchamp abbandona la pittura da cavalletto a trentun anni, nel 1918. Nei successivi cinquant’anni si dedica a molteplici attività creative, quasi nessuna all’epoca considerata vera arte. Oltre a queste iniziative, riproduce ripetutamente le proprie opere in tecniche e dimensioni diverse e con la massima cura, e grazie a queste copie diffonde il suo corpus di opere, altrimenti modesto, senza generare nulla di indiscutibilmente nuovo, aggirando così con grande abilità il mercato dell’arte e la sua voracità. Ricreando i suoi lavori, mette costantemente in discussione la gerarchia tradizionale tra originale e copia ridefinendo ciò che costituisce un'opera d'arte e, per estensione, l'identità dell'artista. "Distinguere il vero dal falso, così come l'imitazione dalla copia, è una questione tecnica del tutto idiota", dichiara Duchamp nel 1967 in un’intervista, mentre in un'altra occasione afferma: “Un duplicato o una ripetizione meccanica ha lo stesso valore dell'originale”. Secondo l’artista le idee che un'opera d'arte incarna, hanno lo stesso significato dell'oggetto in sé. È l'importanza che attribuisce ai concetti estetici a spingerlo a riprodurre ripetutamente e con meticolosa esattezza le proprie opere, e così fa a partire dalla Scatola del 1914 del 1913-14/15, dove riunisce una serie di facsimili fotografici di appunti manoscritti, per proseguire poi fino agli anni 60, con le repliche dei suoi ready made storici.
L'ossessione per la copia -
La mostra esplora i molteplici approcci adottati dall’artista per duplicare le proprie opere senza soccombere alla copia pura e semplice. E' organizzata intorno a vari temi tra loro correlati: origini, originali e somiglianze di famiglia; il passato è un prologo; la magia del facsimile; copie autentiche; disciplinare e rendere più audace la mano; clonare il sé, vestire l’altro; ripetizione ipnotica; temi e variazioni. L'esposizione ruota intorno a "Scatola in una valigia", raccolta innovativa di riproduzioni e repliche in miniatura dei lavori di Duchamp, prima di un’edizione deluxe di venti valigette da viaggio, i cui primi esemplari, tra cui questo, sono di Louis Vuitton, contenente la dedica dell’artista a Guggenheim. “Tutto quello che ho fatto di importante potrebbe stare in una piccola valigia”, dichiarò Duchamp. "Scatola in una valigia" è la sintesi della sua passione per la replica come modalità di espressione creativa.
Duchamp e Guggenheim -
Non manca in mostra una sezione dedicata alla lunga amicizia che legò Duchamp a Peggy Guggenheim: fotografie, documenti d’archivio e pubblicazioni ripercorrono il legame che intercorre tra loro, due personalità molto diverse, rivelando il posto speciale occupato da Duchamp nella collezione che Guggenheim raccoglie grazie ai suoi consigli. Fu Duchamp a presentarle gli artisti e a insegnarle, come lei stessa ebbe a dire nella sua autobiografia "la differenza tra l'arte astratta e surrealista". La direttrice Karole P. B. Vail ha sottolineato l’importanza di questo tributo a Ducham, storico amico e consigliere della mecenate americana. “Duchamp è stata una figura fondamentale per la carriera che Guggenheim inizia a intraprendere nell’ambito dell’arte moderna. Si conoscono a Parigi, intorno al 1923, mentre Guggenheim sta ancora scoprendo quella che allora era la capitale mondiale dell’arte, e l’Europa, ma solo più avanti diventerà suo amico e consigliere di fiducia”, ricorda Vail. “E poi, successivamente, nel 1941, Guggenheim acquista da Duchamp il primo esemplare dell'edizione deluxe del suo capolavoro Scatola in una valigia, divenendo così una delle sue prime sostenitrici”.