Israele attaccato da Hamas, il fallimento di difesa e intelligence: cosa non ha funzionato?
Il flop tattico di 007 e militari israeliani è legato a doppio filo al flop politico e strategico della "dottrina Netanyahu". Cosa sappiamo sull'attacco di Hamas, già definita la "Pearl Harbor dello Stato ebraico"
L'attacco a tutto campo di Hamas ha colto completamente di sorpresa Israele. Alcuni l'hanno chiamata la "Pearl Harbor israeliana", paragonando il fallimento dell'intelligence dello Stato ebraico a quello degli Usa prima dell'attacco subìto dai giapponesi il 7 dicembre 1941, quando non furono in grado di prevedere la forza di un blitz ampiamente prevedibile con gli strumenti a disposizione di Washington. Il fallimento tattico e tecnologico di Israele del 7 ottobre 2023 viaggia su binari simili e rivela un altro fallimento, a livello più generale: quello della "dottrina Netanyahu", secondo cui si poteva riuscire a controllare Hamas. Una dottrina morta e sepolta da una frase pronunciata dallo stesso premier israeliano: "Ogni uomo di Hamas è un uomo morto". Con tanto di piano in tre fasi per ripulire Gaza. Ma perché l'intelligence militare israeliana, la più capace e avanzata del Medio Oriente e tra le migliori al mondo, non è riuscita a prevedere l'attacco arabo-palestinese? Quali sono i demeriti di difesa ed esercito? In una domanda: cosa è successo davvero?
Il fallimento di Netanyahu Partiamo dal fallimento politico, indispensabile per capire i perché tattici del fallimento militare sul campo. L'attacco di Hamas, su un fronte ampio come fu solo nel 1948 durante la prima tremenda guerra israelo-palestinese, è arrivato proprio quando Netanyahu sembrava poter realizzare davvero il suo progetto: certificare il ruolo preminente di Israele nel Medio Oriente, certificando la pace con i Paesi arabi. Ma la questione palestinese, come hanno ricordato anche Putin ed Erdogan, "è nel cuore di ogni musulmano". Così la mappa del "Nuovo Medio Oriente", che Netanyahu aveva presentato meno di un mese all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, ha preso fuoco per mano dei fondamentalisti che controllano la Striscia dal 2006, anno in cui vinsero le elezioni dopo il ritiro degli israeliani dal territorio voluto da Sharon, eroe della guerra del Kippur e dell'occupazione e guida dello Stato ebraico. Aveva costruito l'intera sua carriera sulla difesa dei coloni israeliani. Eppure alla fine aveva detto "basta".
Il "nuovo Medio Oriente" secondo Netanyahu Per molti israeliani, Netanyahu ha "completato la colpa" di Sharon. E i dieci mesi di proteste di piazza per la contestatissima riforma della Giustizia, definita un "colpo di Stato giuridico", lo hanno dimostrato. Il movimento di opposizione ha coinvolto milioni di cittadini, compresi gli ufficiali militari e la classe dirigente dello Stato: piloti, medici, ingegneri, rappresentanti del settore high-tech, intellettuali, docenti. La tensione aveva raggiunto livelli talmente alti da spingere lo stesso Netanyahu ad accusare esercito, servizi segreti e apparati del deep State di complottare contro Israele. Una rottura quasi totale, aggravata dall'attacco palestinese e in parte "ricucita" dall'annunciata intransigenza del governo contro Hamas. Da qui le teorie complottistiche del tipo "Israele sapeva tutto", "Israele ha sostenuto Hamas" e ha preferito sacrificare cittadini e integrità per avere una "scusa" per cancellare definitivamente Gaza dalla cartina geografica. Letteralmente, visto che sulla mappa del "nuovo Medio Oriente" presentata all'Onu dal premier israeliano lo Stato di Israele si estende dal fiume Giordano al Mediterraneo. La Palestina non c'è, non compare. È l'addio su cartina alla soluzione a due Stati sostenuta dallo stesso Netanyahu in nome di un "corridoio di pace e prosperità" con i suoi vicini Arabi, soprattutto i sauditi.
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La scuola dell'intelligence di Israele Parlando proprio di Pearl Harbor, la storica americana Roberta Wohlstetter scriveva che una delle cause principali dell'insuccesso americano fu l'"eccesso di informazioni irrilevanti" a scapito di quelle rilevanti. E pensare che proprio analisti e storici israeliani, tra gli altri, durante la Guerra Fredda si dedicarono con profitto allo studio dettagliato di alcune importanti operazioni militari statunitensi, trovando le chiavi dei fallimenti dei servizi segreti. Tra gli esempi analizzati spiccava proprio il conflitto arabo-israeliano dello Yom Kippur (1973), con focus su limiti ed errori dell'intelligence, incapace di lanciare con sufficiente anticipo un allarme preventivo ( warning). Sono stati evidentemente un po' tralasciati, invece, i punti di forza degli aggressori, capaci di realizzare con successo un attacco a sorpresa implementando operazioni militarmente complesse in modo più o meno occulto. Proprio come ai giorni nostri, 50 anni dopo.
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