Tasse universitarie: triplicati gli studenti esonerati, ma gli altri pagano mediamente 300 euro in più all’anno
Se il 34% degli iscritti rientra tra coloro che ne sono esonerati, dato triplicato in meno di 10 anni, la restante fetta ha infatti dovuto far fronte a un rincaro medio del 25%, passando dai 1.134 euro del 2015 a 1.421 euro del 2021
Robin Hood va all’università: i nostri atenei, negli ultimi anni, hanno applicato il suo “modello”, riducendo il carico fiscale sugli studenti “poveri” a scapito di quelli più "ricchi". Infatti, è cresciuta sensibilmente la “no tax-area”, ovvero la platea di studenti esonerati per reddito dalle temute tasse universitarie. In meno di un decennio il loro numero, a livello nazionale, è più che triplicato: dal 10% degli anni accademici 2015/16 al 34,3% del 2020/21. Al contrario, i paganti hanno visto salire l’importo medio delle tasse universitarie del 25%. A fotografare la situazione è l’ultima rilevazione effettuata dall’Anvur (l’Agenzia di valutazione del sistema universitario), che il portale Skuola.net ha analizzato, evidenziando l’andamento delle tasse universitarie negli ultimi anni.
Quanto appena descritto, è stato possibile a partire dalla legge di bilancio 2017, a cui sono seguite ulteriori disposizioni negli anni successivi, con cui lo Stato ha rivisto in modo più favorevole per gli studenti i requisiti di reddito e di merito che consentono agli iscritti alle università statali di essere sollevati, totalmente o parzialmente, dal pagamento delle tasse universitarie.
A beneficiare dell'esonero di massa è soprattutto il Sud
A dare ancora più risalto al dato sugli esoneri, anche la circostanza che vede, sempre a livello nazionale, un aumento degli iscritti: sempre tra il 2015 e il 2021 il loro numero, seppur con oscillazioni intermedie, è cresciuto del +4,5%. Mentre, nello stesso 2021, l’importo complessivo delle tasse pagate dagli studenti è calato del -3,3% rispetto al 2015.
Per una volta, inoltre, a beneficiare del vantaggio sono le aree del Paese solitamente più in sofferenza. Proprio alla luce dei requisiti d’accesso all’esonero, basati in buona parte sul reddito, nel 2021, nelle regioni del Sud la percentuale dei beneficiari sfiora addirittura quota 45% sul totale degli iscritti. Al Centro si scende al 34,4%, al Nord si resta di poco sotto il 30%. Per comprendere il cambio di scenario basta, ancora una volta, confrontare tali cifre con quelle del biennio 2015-2016: all’epoca, infatti, la percentuale di esonerati totali dal pagamento delle tasse universitarie oscillava tra il 7,6% del Nord-Ovest e il 14,3% delle Isole.
Calano i paganti, aumentano gli importi
Ovviamente, tutto ciò ha un rovescio della medaglia. E investe il resto degli universitari. Riducendo il numero degli studenti chiamati a pagare la tassa di iscrizione, infatti, era quasi inevitabile che andassero a lievitare le quote richieste agli altri dagli atenei. Una crescita che, all’indomani del cambio normativo, è stata rapida e consistente, determinando un aumento dell’importo medio delle tasse da 1.134 euro a testa (dell’anno 2015) a 1.421 euro (del 2021): un incremento del +25%.
Su questo, inoltre, le varie zone d’Italia hanno seguito il medesimo destino. Volendo fare un’analisi di medio periodo, l’aumento medio delle tasse versate dagli studenti “paganti” ha registrato ovunque un’impennata più o meno sensibile: +200-250 euro al Nord, +220 euro al Centro, +350 euro al Sud, +140 euro nelle Isole. Con la forbice dell’importo medio delle tasse universitarie che ha spaziato dai circa 1.600 euro del Nord ai 1.300 del Centro, attestandosi a quota 1.200 al Sud e 1.100 nelle Isole.
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