"un cruccio che non mi fa dormire"

Delitto Klodiana, lo strazio dell’amica: "Dovevo denunciare io il suo killer"

"Non averla convinta resterà il mio rimpianto, ma per lei erano importanti solo i figli"

© Ansa

Ora che il killer di Klodiana Vefa è morto, l’amica e confidente più cara della vittima non si dà pace. "Dopo la morte di Klodiana mi ero praticamente barricata in casa – racconta la donna – lui  ancora in giro ed armato. Poteva venire a cercarmi e uccidere anche me. Lui mi odiava e mi temeva perché gli tenevo testa". E il suo cruccio è che, per amore dei figli, la sua amica non abbia mai denunciato il suo futuro assassino, Alfred Vefa, 44 anni, che l'ha trucidata in strada a Castelfiorentino (Firenze) giovedì scorso all’ora di cena.

"Più di una volta gli ho detto: se non ti denuncia lei per l’inferno che le stai facendo passare, lo faccio io", racconta a Qn. "Klodiana non ha mai denunciato per i figli. Aveva paura che se lo avesse fatto lui avrebbe fatto del male ai suoi ragazzi: uno sfregio per colpire lei. E poi era convinta che anche denunciando le minacce, i pedinamenti e i tormenti che le infliggeva, non sarebbe cambiato nulla. Mi diceva: tanto quello che vuole fare lo farà lo stesso".

"Voleva essere felice, ci stava provando con tutte le sue forze. Aveva trovato una persona con cui stava bene. Un uomo che come lei ha vissuto anni di inferno sopportando di tutto perché volevano stare insieme. Lo conosco benissimo e anche lui come me, fino a quando Alfred non è stato ritrovato morto ha avuto paura ad uscire di casa. Ora, però, ci sarà da affrontare tutto il resto: un dolore insopportabile e un rimpianto che mi tormenterà per sempre".

"Andrei dai carabinieri e denuncerei, con o senza il consenso di Klodiana. Né io né il suo compagno ce la siamo sentiti di andare contro la sua volontà. Abbiamo insistito tanto. Abbiamo cercato di convincerla in ogni modo. Ma lei alla fine chiudeva il discorso dicendo: siamo albanesi, non potete capire. L’abbiamo rispettata fino in fondo", conclude

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