LA DECISIONE

Giulio Regeni, la Corte costituzionale sblocca il processo: imputati giudicati anche in loro assenza

La famiglia: "Avevamo ragione noi, ripugnava al senso comune di giustizia il 'no' al processo"

Il processo per l'omicidio di Giulio Regeni, in cui sono imputati Tariq Sabir, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, Uhsam Helmi, Magdi Ibrahim Abedal Sharif, tutti appartenenti ai servizi segreti egiziani, potrà andare avanti. Lo ha stabilito la Corte costituzionale, che ha esaminato la questione di legittimità sollevata dal Gip del Tribunale di Roma in relazione alla celebrazione del processo per il sequestro e l'omicidio del ricercatore. La famiglia: "Avevamo ragione, ripugnava il 'no' al processo".

In attesa che i Giudici depositino le motivazioni della sentenza, la Consulta precisa che "la Corte ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 420-bis, comma 3, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che il giudice procede in assenza per i delitti commessi mediante gli atti di tortura definiti dall'art. 1, comma 1, della Convenzione di New York contro la tortura, quando, a causa della mancata assistenza dello Stato di appartenenza dell'imputato, è impossibile avere la prova che quest'ultimo, pur consapevole del procedimento, sia stato messo a conoscenza della pendenza del processo, fatto salvo il diritto dell'imputato stesso a un nuovo processo in presenza per il riesame del merito della causa".

Il procuratore Lo Voi: soddisfazione per poter celebrare processo -

 "Grande soddisfazione sicuramente per la possibilità di celebrare un processo secondo le nostre norme costituzionali che restano il faro del nostro lavoro. Per il resto aspettiamo le motivazioni per vedere come procedere sperando di trovare la parte civile al nostro fianco nelle fasi successive", ha commentato il procuratore di Roma, Francesco Lo Voi.

La famiglia Regeni: "Avevamo ragione, ripugnava il 'no' al processo" -

 Dopo la decisione della Corte costituzionale la famiglia del ricercatore ucciso ha affermato: "Avevamo ragione noi: ripugnava al senso comune di giustizia che il processo per il sequestro le torture e l'uccisione di Giulio non potesse essere celebrato a causa dell'ostruzionismo della dittatura di al-Sisi per conto della quale i quattro imputati hanno commesso questi terribili delitti". "In effetti come ha scritto il Gup Ranazzi nella sua ordinanza 'non esiste processo più ingiusto di quello che non si può instaurare per volontà di un'autorità di governo'. Abbiamo dovuto resistere contro questa volontà dittatoriale per sette anni e mezzo confidando comunque sempre nei principi costituzionali della nostra democrazia. Ringraziamo tutte le persone che hanno sostenuto e sosterranno il nostro percorso verso verità e giustizia: la procura di Roma ed in particolare il dottor Colaiocco, la scorta mediatica, e tutto il popolo giallo", ha concluso.

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