Matteo Bernardeschi è uno studente decisamente precoce: a 16 anni è già iscritto alla facoltà di Ingegneria all’università di Berlino. Una necessità più che una scelta: per gli atenei della Penisola era troppo giovane ma soprattutto “poco scolarizzato”, avendo all’attivo solo 10 anni trascorsi tra i banchi. Ma se il sistema accademico italiano lo ha “respinto”, quello scolastico lo ha decisamente incoraggiato e sostenuto in questo percorso formativo ad hoc.
A raccontare come si è sviluppata la sua storia è il preside Vito Giannini, dirigente scolastico della scuola frequentata di Matteo, l’Istituto bilingue “Vincenzo Pallotti” di Ostia, ovvero colui che per primo ha intravisto nel suo studente un talento straordinario, e che ha deciso di costruire un percorso su misura, che ha portato il sedicenne a questo straordinario successo. A Skuola.net, il preside, ha spiegato i retroscena di questa scelta.
Come nasce l’esigenza di aiutare Matteo a bruciare le tappe?
"Il percorso seguito da Matteo è stato ideato da me in quanto ero curioso e interessato a vedere quanto le sue domande fossero frutto della sola curiosità o di un genio nascosto nel profondo. Il tutto partì da un video di TikTok: Matteo vide questo video e non avendo ancora studiato quelle cose venne da me a chiedere spiegazioni, e nel giro di un anno ci siamo trovati a parlare di equazioni differenziali e di calcolo matriciale".
Qual è stata la strategia adottata dalla scuola per creare un percorso alternativo equilibrato, senza rischiare di incorrere in altre problematiche (distanza con i compagni di classe, pressioni, ansia da prestazione, eccetera)?
"Le lezioni venivano svolte parallelamente, i compagni di classe seguivano il programma relativo all’anno scolastico in corso mentre a Matteo venivano fornite delle dispense su argomenti più complessi, che venivano successivamente approfondite durante le ricreazioni o durante i rientri pomeridiani a scuola.
Durante il primo liceo, ad esempio, insieme al prof. Artibani abbiamo fatto svolgere a Matteo la simulazione della seconda prova di maturità insieme agli attuali studenti del quinto, e riuscì a completare l’intera prova in un’ora e mezza senza commettere errori.
Ogni argomento veniva commentato e affrontato in maniera critica lasciando sempre la possibilità di sviluppare un ragionamento critico nel ragazzo e aiutandolo a sviluppare un pensiero sempre più divergente. Questo discorso, nel passare del tempo, lo abbiamo allargato anche alla fisica e a casi via via sempre più complessi. A dicembre del secondo anno ho regalato a Matteo un libro di Meccanica razionale, libro che è stato agevolmente letto e analizzato dal ragazzo”.
Come si fa a capire quando un ragazzo particolarmente brillante, come Matteo, non è solo "bravo" ma ha bisogno di un percorso di istruzione alternativo?
"Il primo segnale da cogliere è sicuramente la curiosità, bisogna sfruttare a pieno le domande che i ragazzi fanno durante le lezioni, soprattutto se non particolarmente inerenti con il programma scolastico, e cercare di vedere quanto attraverso degli input dei docenti riescano a svilupparle, facendole diventare delle vere e proprie idee sulle quali costruire il proprio futuro.
Il nostro compito sta proprio in questo: riuscire a capire quali sono i talenti dei nostri studenti e di farglieli coltivare a pieno. Credo che questo tipo di ragazzi abbia sicuramente bisogno di un percorso alternativo, perché se così non fosse andremmo a buttare un talento che per tutta la vita prenderà ottimi voti ma non si sentirà mai realizzato a pieno.
Lo scorso anno Matteo mi chiedeva spesso cosa avessi visto in lui, principalmente perché non capiva come fosse possibile che, durante la terza media, si fosse trovato a parlare di equazioni di primo grado, mentre l’anno successivo aveva perfettamente chiaro in mente il concetto di limite o derivata. La mia risposta è sempre stata la stessa: ero stupito dalla semplicità con la quale riusciva a capire le mie spiegazioni senza un bagaglio di base che gli permettesse di comprendere così profondamente l’argomento trattato".
Qual è la reazione delle famiglie in casi del genere? E quella di compagni e professori?
"Non capita spesso di avere studenti di questo tipo in classe, nel caso di Matteo la famiglia è stata molto accogliente e presente nella crescita del ragazzo, accettando con tantissima umiltà il talento del figlio e aiutandolo a coltivarlo a pieno. Per quanto riguarda i professori sono stati tutti super disponibili e pronti a supportare Matteo in questo percorso di crescita, facendo capire al ragazzo che oltre alla matematica era importante anche approfondire quelle materie così distanti dal percorso di studi che a distanza di pochi mesi avrebbe intrapreso. I compagni di classe purtroppo - principalmente per un discorso di età - non si sono resi conto della genialità del compagno e questo non li ha portati ad avere sempre un atteggiamento di inclusione nei suoi confronti".
Matteo studierà in un'università estera. Ciò vuol dire che in Italia gli studenti eccellenti non hanno la possibilità di esprimere al meglio le loro potenzialità?
"Purtroppo devo rispondere negativamente a questa domanda. Ci troviamo in un sistema che tende ad appiattire molto il livello di istruzione dei nostri ragazzi e questo porta ad avere tanti buoni studenti ma poche eccellenze. La scuola dovrebbe aiutare i ragazzi a puntare sempre più in alto, ad essere ambiziosi e curiosi della vita ma questo non accade spesso. Credo che questi ragazzi siano il futuro della nostra nazione e sta a noi insegnanti e a chi amministra questo paese permettere ai nostri studenti di rendere al meglio".