Napolitano, il feretro lascia Montecitorio tra gli applausi | Il figlio Giulio alla cerimonia: "Ha combattuto buone battaglie" | Ravasi: "E' stato un giusto"
Tutte le alte autorità hanno dato l'ultimo addio al presidente emerito a Palazzo Montecitorio. Alle esequie anche Emmanuel Macron e il presidente tedesco Steinmeier
Il feretro di Giorgio Napolitano ha lasciato Montecitorio tra gli applausi e il presidente emerito della Repubblica sarà sepolto nel cimitero acattolico di Roma. Alla cerimonia, alla Camera dei deputati (un caso unico nella storia della Repubblica), sono intervenuti i presidenti delle due Camere, la nipote Sofia, il figlio Giulio che ha sottolineato: "Ha combattuto buone battaglie e cercato di correggere gli errori". Il cardinal Ravasi lo ha definito "un giusto" mentre La Russa ha ricordato che "ha sempre rivendicato la sua storia politica". Alle esequie c'erano poi il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il premier Giorgia Meloni, la presidente della Corte costituzionale Silvana Sciarra, il presidente francese Macron e quello tedesco Steinmeier.
Giorgio Napolitano è l'unico ad avere avuto un rito funebre dentro Montecitorio e non fuori, sulla piazza, come era stato per Pietro Ingrao e Nilde Iotti. L'unico, ancora, ad aver ricevuto cosi' tanti e alti omaggi da uomini di Chiesa in un rito che, in coerenza con la pratica di vita, non aveva nulla di cattolico.
Per lui c'è stato l'omaggio, a sorpresa, di Papa Francesco alla camera ardente al Senato e le parole di monsignor Gianfranco Ravasi che ha parlato della loro amicizia "a lungo rimasta celata". L'unico anche, Napolitano, a non aver "partecipato" al proprio funerale: il feretro non era in Aula durante la cerimonia ma è rimasto nella Sala dei ministri, a Montecitorio, vegliato da due file di corazzieri.
Un addio che è stato anche un momento politico. Non si poteva pensare altro a vedere fianco a fianco - in un momento delicatissimo nei rapporti tra l'Italia e la Germania e davanti alle ultime posizioni in tema di migranti della Francia - il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e quello tedesco Frank Walter Steinmeier e, poi, il francese Emmanuel Macron e, non distante, il premier italiano Giorgia Meloni.
La politica, del resto, è il filo rosso che percorre tutta la vita di Giorgio Napolitano, la politica come "cosa seria", "responsabilità", "studio", "confronto" e non "demagogia", "urlo" e scontro con gli avversari. La politica che è "buone battaglie" ma anche "cause sbagliate" con il successivo, doloroso, tentativo di "correggere errori e di esplorare soluzioni nuove". Lo ha ricordato, per primo, il figlio Giulio con un discorso fermo e dolcissimo nel quale la vita del militante, del presidente della Camera, dell'europarlamentare, del capo dello Stato e del senatore a vita si dipana attraverso il punto di vista di un bambino di prima elementare che raffigura il padre alla scrivania, intento a scrivere o a leggere e studiare.
L'ha sempre visto così, senza che questo gli impedisse, racconta Giulio, di essere "un marito, un padre e un nonno affettuosissimo". Ne è testimone la nipote Sofia May che svela un nonno presente e "non invadente", pronto a offrire consigli ma anche un gelato a Villa Borghese, a suggerire libri ma anche cartoni animati, a essere europeo ma anche, profondamente, un uomo del Sud orgoglioso di mostrare Stromboli ai nipoti.
E poi c'è Clio Bittoni, sposata nel 1959 e legata a Napolitano da un rapporto "indissolubile" capace di "superare differenze di carattere e di temperamento", da entrambi, orgogliosamente, rispettosamente, coltivate fino all'ultimo. Tutti ricordano come, negli anni del Quirinale, la signora Clio sia stata capace di interpretare, in modo più moderno, il ruolo di first lady.
Infine è la politica a ricordare Napolitano, da punti di vista, storie e militanze diverse o, addirittura, opposte. Lo ha fatto Gianni Letta, a lungo braccio destro di Berlusconi, rievocando "la convivenza difficile", "in cui non mancarono i momenti di tensione" tra Napolitano al Quirinale e Berlusconi a Palazzo Chigi, ma ha assicurato Letta "da entrambe le parti non vennero mai meno la volontà e la forza di mantenere il rapporto nella correttezza istituzionale".
Lo ha fatto il presidente del Senato Ignazio La Russa sottolineando che "certo, come tutti i grandi leader, ha avuto nell'agone politico confronti e contrasti, anche duri", ma "ha attraversato tempi perigliosi" affrontandoli sempre "con la coerenza dei propri convincimenti politici e culturali". Lo ha fatto l'ex premier ed ora commissario europeo Paolo Gentiloni rammentando che per Napolitano l'Europa "è stata la via maestra" perché per un "uomo di sinistra al servizio delle istituzioni" "l'avvenire dell'Italia non poteva, non doveva prescindere dalla collocazione europea".
Lo ha fatto, commossa, Anna Finocchiaro, fiera di averlo "rispettato e amato", ricordando che "ha speso la sua vita per l'Italia". Con un certo temperamento. Quello di un uomo la cui scrittura si faceva tanto piu' "appuntita" quando, durante "tempestosi scambi di opinioni", esprimeva critiche: "Io, più che le tesissime telefonate, temevo le sue lettere - confida l'ex ministro -, con scrittura tanto più puntuta e obliqua quanto più era arrabbiato con me".