Chi sta organizzando un matrimonio farà bene a fare attenzione: per assicurare lunga vita e felicità alla nuova famiglia e assicurarsi l’appoggio della buona sorte, c’è una lunga serie di obblighi e riti ai quali sottostare. Alcuni sono diffusi e molto conosciuti: ad esempio tutti sanno che lo sposo non deve vedere la sposa vestita del suo abito nuziale prima del suo arrivo in chiesa o che bisogna evitare alla sposa di inciampare sulla soglia al suo ingresso nella casa coniugale. Altri sono più curiosi e meno comuni, ma ugualmente interessanti. Ne elenchiamo qui una serie: ottemperare a tutti gli obblighi è impossibile, ma conoscerli ci aiuta per lo meno a capire il perché di certe consuetudini.
LA SCELTA DEL GIORNO – Si dice spesso che l’anno bisesto è un anno funesto: questa superstizione, che vuole sfortuna e difficoltà addensarsi sull’anno di 366 giorni, è un po’ in ribasso. Vale però la pena sapere che già nel Quattrocento si diceva: “Anno bisesto, né baco, né moglie, né innesto”, con riferimento all’opportunità di non inaugurare nuovi affari, un legame matrimoniale e il concepimento di un figlio in un anno bisestile. Oggi le annate con il 29 febbraio hanno perso un po’ della loro cattiva fama, per cui forse si può chiudere un occhio. Un altro detto da tener presente, per dovere di cronaca, è “di Venere e di Marte non si sposa e non si parte”, sconsigliando quindi il giorno settimanale del martedì e del venerdì ai matrimoni e ai viaggi. Una spiegazione possibile ricollega il martedì a Marte, dio romano della guerra decisamente bellicoso e quindi portatore di liti e conflitti; il venerdì, invece, nella tradizione cristiana è il giorno della penitenza e del digiuno, il che lo renderebbe poco adatto a una grande festa come quella nuziale.
LA SPOSA – Lo sanno tutti: la sposa non deve mostrarsi prima di arrivare all’altare: soprattutto non può vederla lo sposo, il quale deve attenderla rigorosamente all’altare. È invece meno noto il fatto che, proprio per questa ragione si usa, ancora adesso, che la sposa entri in chiesa con il viso nascosto dal velo: solo quando è all’altare si può allontanare dal viso e portarlo dietro il capo. La consuetudine risale all’epoca in cui i matrimoni erano combinati e i due sposi non dovevano vedersi prima che il contratto fosse concluso, quando ormai era troppo tardi per tirarsi indietro nel caso uno dei due non avesse gradito l’aspetto dell’altro. Diversa è la ragione per cui neppure la sposa stessa deve guardarsi allo specchio quando è completamente vestita: per controllare il suo look dovrebbe togliersi qualcosa, ad esempio sfilare una scarpa o un guanto. Perché tutto questo? Per non fare ingelosire la buona sorte con la sua bellezza.
LO SPOSO – Qui le cose sono più semplici. È sufficiente che, dopo essere uscito di casa, non si volti indietro e non torni sui proprio passi. E se ha dimenticato qualcosa^ Deve mandare qualcuno a rimediare alla distrazione. Attenzione però alla cravatta: deve essere ben diritta e perfettamente annodata, altrimenti significa infedeltà coniugale in arrivo.
IL LOOK DELLA SPOSA – Ci addentriamo in un territorio un po’ più complesso, con intrecci di varie tradizioni locali e familiari. I riti più diffusi vogliono che la sposa indossi una cosa vecchia (per rappresentare il passato e tutto quello che la ragazza si lascia alle spalle), una cosa nuova (in segno della nuova vita che sta per cominciare), una cosa prestata (simbolo dell'affetto delle persone che circondano la nuova coppia) e una regalata (pegno dell'amore dei propri cari). Non deve mancare anche un oggetto blu, anche se il colore della buona sorte è sempre più il rosso: il blu simboleggia la sincerità e la purezza della novella sposa, mentre il rosso è il colore scaramantico per eccellenza e portatore di buona fortuna. Se la cosa sembra difficile, basta un nastrino cucito nella cintura del vestito o una giarrettiera che poi lo sposo sfila alla sposa e lancia ai giovani celibi presenti alla festa, come la sposa farà con il bouquet. La sposa, inoltre, non deve indossare perle, soprattutto se queste le sono state regalate: le perle, infatti, hanno la cattiva fama di “portare lacrime”, ovvero infelicità. Se proprio non vogliamo rinunciare a un dono a cui siamo affezionate, possiamo “comprarle” con un pagamento simbolico, ad esempio con una monetina da un centesimo da dare a chi ha fatto il dono.
GLI ACCESSORI E GLI ALTRI RITI - Le fedi: non vanno acquistate insieme all’anello di fidanzamento e non vanno mai indossate prima delle nozze: è ammessa solo una breve prova per testarne la misura sul dito. Se per disgrazia dovessero cadere a terra durante la cerimonia, possono essere raccolte solo dall’officiante.
La tradizione vuole che il bouquet sia l'ultimo dono che il futuro sposo fa alla fidanzata prima delle nozze: il mazzolino però deve essere recapitato alla destinataria non dallo sposo ma dal fiorista o da un'altra persona di fiducia.
Il lancio del riso è una tradizione assai antica che risale addirittura all’epoca romana e simboleggia l’augurio di fertilità e di ogni benedizione alla nuova coppia. Quando si sceglie il riso da lanciare, è opportuno sceglierne una varietà con poco amido, in modo da non macchiare l’abito degli sposi.
Anche i confetti sono simbolo di fertilità e di buona sorte. Ogni bomboniera ne deve contenere cinque per rappresentare ciò che si augura alla nuova coppia: felicità, salute, ricchezza, fertilità e lunga vita.
Durante il corteo nuziale è ancora viva la consuetudine di suonare il clacson delle auto dirette al ricevimento: non è solo un’abitudine pacchiana per attirare l’attenzione, ma un antico modo per spaventare e scacciare gli spiriti maligni.
E alla fine, quando gli sposi hanno completato la loro lunga giornata di festeggiamenti, hanno ancora un rito da compiere: se la fanciulla inciampasse sulla soglia di casa sarebbe di pessimo auspicio, ragion per cui, arrivando a casa, lo sposo deve sollevarla tra le braccia e portarla di peso fino al letto nuziale; letto che, la sera prima, sarà stato preparato non dagli sposi, ma da due ragazze nubili (rigorosamente due), meglio se sotto la supervisione di due donne più anziane ed esperte.