Se la transizione ecologica e gli accordi di Parigi sono la base per garantire una sostenibilità al mondo per i prossimi decenni, la sua esecuzione potrebbe dipendere in larga parte da destini e sorti di un unico Paese: la Cina.
Sì, perché nei territori di Pechino o in quelli direttamente controllati, risiedono la maggior parte delle terre rare. Questi metalli sono essenziali per l’industria tecnologica ed elettronica, perché vengono utilizzati per realizzare un’ampia gamma di prodotti di largo consumo, come televisori, memoria del computer, batterie, telefoni cellulari, ma soprattutto vengono utilizzate anche per la tecnologia verde. Ovvero, pannelli fotovoltaici e auto elettriche, la cui diffusione è obbligatoria, almeno in Europa, nei prossimi anni.
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La Cina rappresenta indiscutibilmente il principale produttore di terre rare al mondo, nonostante la sua quota di mercato negli ultimi dieci anni si sia progressivamente ridotta, passando dall’incredibile 98% del 2010 al solo 60% del 2021, secondo i dati dello US Geological Survey.
La predominanza del dragone sale addirittura all’85% nella fase successiva della filiera, quella della separazione delle terre rare e della raffinazione. Processo che tra l’altro genera consistenti scarti tossici, possibile in Cina per gli standard ambientali ridotti. Infine, produce il 90% dei magneti a base di terre rare che costituiscono il singolo impiego più importante in termini di domanda di tali elementi.
Insomma, se fino a dieci anni fa era un dominio, oggi resta comunque un quasi monopolio, oltre che una poderosa arma geopolitica, tanto da aver annunciato nelle scorse settimane una limitazione all’esportazione di alcuni elementi, come il nitruro di gallio e il diossido di germanio, fondamentali per la produzione di chip, pannelli solari e altri elementi.
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Come evidenziato in un ultimo studio pubblicato nel giugno scorso dal Parlamento europeo, la dipendenza dalla Cina lega la transizione ecologica di Bruxelles a doppio filo alle volontà di Pechino. L’unico stabilimento europeo in grado di processare terre rare si trova in Estonia, ma è di proprietà canadese, tra l’altro con probabili legami indiretti proprio con la Cina.
Insomma, la fotografia odierna sembra suggerirci che gli obiettivi green di mobilità elettrica e sostenibile voluti da Bruxelles saranno auspicabilmente raggiungibili, ma al momento è necessario chiedere permesso.