Lampedusa, ragazza si getta in mare e salva quattro migranti
Francesca Matina, 31 anni, si trovava in barca quando ha visto un barchino con 48 migranti schiantarsi contro una scogliera. "Non siamo eroi. Se dovessi vivere in un'altra vita da migrante, mi auguro di ricevere lo stesso aiuto"
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Francesca Matina, 31 anni, si trovava in barca a godersi le acque cristalline del mare di Lampedusa quando, in un attimo, si è tuffata in mare per salvare un gruppo di migranti. Il naufragio è avvenuto nel tardo pomeriggio del 12 settembre alla Tabaccara, la scogliera a picco sul mare contro la quale si è schiantato il barchino sul quale viaggiavano 48 persone. "Sono stati momenti davvero difficili - racconta -, le persone in mare annaspavano e invocavano aiuto. Salvare vite umane è un'esperienza bruttissima e bellissima allo stesso tempo. Per fortuna tutto è andato bene, ma purtroppo non sempre finisce così".
Non potevamo lasciare morire quelle persone Francesca, lampedusana doc, figlia del capo reparto dei vigili del fuoco dell'isola Giacomo Matina, lavora a Palermo come addetta al marketing di un'azienda. E' lei a raccontare come è riuscita a salvare quattro naufraghi, tra cui due donne. "Ero sulla barca con i miei zii Giacomo e Felicetta e il mio amico Gonzalo - dice -, stavamo levando l'ancora per rientrare, tanto che ci eravamo già rivestiti, quando abbiamo visto questo barchino schiantarsi contro gli scogli. A questo punto, con Gonzalo non ci abbiamo pensato due volte e ci siamo gettati in mare coi salvagenti. Sono stati attimi di terrore, ma non potevamo lasciare morire quelle persone che chiedevano aiuto".
Erano impauriti, avevano sete Nel frattempo gli zii di Francesca hanno richiamato l'attenzione di un altro motoscafo che, essendo di dimensioni più piccole, si è potuto avvicinare ai naufraghi i quali si sono subito aggrappati allo scafo. "Sono stati momenti di grande concitazione - spiega Francesca - io parlavo inglese i migranti il francese, ho cercato di rassicurarli, ma erano infreddoliti e impauriti, avevano sete e abbiamo dato acqua, per fortuna alla fine tutti i naufraghi, tra cui tre bambini, sono stati salvati, anche grazie all'arrivo della Guardia Costiera".
Non si possono accogliere i migranti in questo modo "L'accoglienza - sottolinea Francesca - fa parte della nostra indole. Noi lampedusani l'abbiamo nel sangue, ma oggi la
sensazione che provo è quella di panico e rabbia. Non si possono accogliere persone in questo modo, tutte ammassate sulle barche della Guardia Costiera, disidratati, sofferenti, distrutti dal viaggio. La verità è che siamo sempre soli nell'accogliere i migranti in fuga dai loro paesi. Siamo stati lasciati soli e abbandonati dall'Europa".
Non siamo eroi Francesca racconta i particolari del salvataggio senza esaltarsi. "Non siamo degli eroi, siamo soltanto esseri umani che hanno cercato di salvare altri esseri umani in difficoltà. E stavolta è andata bene. Se dovessi vivere in un'altra vita da migrante, mi auguro di ricevere lo stesso aiuto".
Annegato un neonato di 5 mesi Non solo storie a lieto fine. Un neonato di 5 mesi è morto dopo essere finito in acqua al momento dello sbarco a Lampedusa. La tragedia è avvenuta durante le caotiche operazioni di approdo dei 46 migranti soccorsi dalla motovedetta della Guardia costiera, quando più persone sono finite in acqua. Tutte sono state recuperate, così come è stato ripescato il cadavere del piccino. La salma è stata portata alla camera mortuaria del cimitero di Cala Pisana, mentre la mamma (una minorenne della Guinea) si trova all'hotspot di contrada Imbriacola. La polizia ha chiesto, per la donna, un supporto psicologico. Della ricostruzione del caso si occupa la Capitaneria di porto.
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