Stupro di Palermo, il padre di un'altra vittima alla giovane: "Sei sola, gli altri non capiscono"
Il papà della 16enne violentata a Roma a Capodanno ha scritto una lettera alla ragazza violentata a luglio: "Ti capisco perché mia figlia ha vissuto lo stesso calvario"
Una lettera alla vittima dello stupro di Palermo da chi conosce bene la violenza: l'ha scritta il padre della ragazza violentata a Capodanno per dare il suo abbraccio alla 19enne violentata dal branco a luglio. "Ti capisco perché mia figlia ha vissuto lo stesso calvario" spiega l'uomo. "Ti scrivo per appoggiarti. Hai fatto bene a reagire contro chi, sui social, ha facilmente concluso che a 'una come te' è 'normale' che capiti; e di suicidio – purtroppo - non hai parlato a sproposito. Ma ti scrivo anche per avvertirti: sei sola, perché gli altri non capiscono".
La gente non capisce Il papà della vittima dello stupro di Capodanno non usa giri di parole per definire l'atteggiamento di tanti nei confronti delle donne stuprate: "La gente non capisce" scrive in una lettera pubblicata da Repubblica. Quindi la scelta di farsi avanti per cercare di spiegare a "chi viene sfiorato da pensieri come “ma in fondo se l’è voluta”, “ma era provocante”, “ma cosa sarà mai?” – il calvario di un essere spezzato nella sua dignità". Perché - spiega ancora l'uomo - lo stupro non lascia solo "lacerazioni, lividi e graffi", c'è anche un post processuale nel quale bisogna dimostrare che cosa voleva la vittima.
Il tormento di un padre "Mia figlia aveva 16 anni quando la notte di Capodanno 2020, in una villetta, è stata drogata e brutalmente stuprata da almeno cinque individui". Una violenza che il padre non avrebbe mai potuto immaginare: "Pensavi di aver lasciato tua figlia minorenne in un luogo sicuro, presso la famiglia della sua migliore amica". E ancora: "Sono solo ragazzi che pensano a divertirsi" scrive ancora su Repubblica. Invece tutto è andato diversamente e quella figlia lasciata a una festa che "un adulto a cui l’hai affidata, senza avvisarti, la porta a una 'festa' proibita in una zona che nemmeno conosci" non c'è più. " La abbracci ma senti che non c’è, non è lì, è prigioniera di una bolla tutta interna di dolore fisico e dell’anima. La lasci alle sue deposizioni, sono dolorose ma necessarie. L’unico scambio sensato che riesco ad avere con mia figlia fra una deposizione e l’altra è sulla domanda se valga la pena davvero denunciare: la incoraggio".
La vita dopo la violenza La paura, l'ansia, il dolore che non passa: il papà della vittima dello stupro di Capodanno non nasconde i particolari sulla vita di una ragazza dopo uno stupro. Nonostante la scuola, gli amici, una nuova vita, la parvenza di normalità dura il tempo di un soffio. "Arrivano le crisi di panico e l’agorafobia: mia figlia, cara ragazza, era una ragazzina normale e capisce tutto, ma non riesce a entrare in un centro commerciale; scende in strada e corre a rinchiudersi di nuovo in casa perché si sente l’oggetto di tutti gli sguardi: una sé stessa che sa benissimo come tutto questo sia irrazionale è costretta a venire a patti con una sé stessa condizionata dal trauma atroce". E poi l'insonnia, psicoanalisi e farmaci: "Una ragazzina lucida e che sa di non meritarlo, deve sperimentare se è meglio l’Efexor, il Prozac o il litio e si intossica".
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