Il presidente della Commissione parlamentare Antimafia, Chiara Colosimo, nei prossimi giorni si recherà al Parco Verde di Caivano, sede della piazza di spaccio più grande d'Europa e luogo dell'orrore per la violenza sessuale ai danni due bambine da parte di un branco di giovanissimi. Il ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi, replica a chi accusa le istituzioni di aver lasciato proliferare il degrado: "Lo Stato c'è e a Caivano l'attività delle forze dell'ordine fa segnare quotidianamente successi e risultati molto importanti". Don Maurizio Patriciello, il parroco anticlan simbolo della voglia di riscatto del Parco Verde, sottolinea come in casi terribili come questo nessuno possa lavarsene le mani e dire "io non c'entro".
Le parole di don Patriciello -
Don Patriciello condivide il giudizio di Piantedosi sull'impegno delle forze di polizia, ma ricorda che i problemi del quartiere vanno al di là della questione sicurezza. "Lo Stato non è solo la divisa di validissimi investigatori che tanto stanno facendo e ai quali va il nostro ringraziamento. Lo Stato si manifesta anche in altri servizi, come la presenza di una linea di trasporto o di una farmacia". Al Parco Verde manca tutto questo e molto altro, ricorda il parroco nella messa domenicale chiamando accanto a sé sull'altare un ragazzo che anni fa, in un incontro con il Capo dello Stato, raccontò di dover attraversare ogni mattina cinque piazze di spaccio per arrivare a scuola. Don Patriciello punta poi l'indice contro i troppi silenzi e il clima di omertà.
L'invito a Meloni e Papa Francesco -
Di tutto ciò don Maurizio vorrebbe parlare con il premier Giorgia Meloni, cui ha rivolto un invito a recarsi al Parco Verde. Il vescovo di Aversa, Angelo Spinillo, spera invece di avere qui Papa Francesco, durante una futura visita pastorale in Campania, e intanto accusa: "Penso al capannone dove si è consumato l'orrore sulle cuginette, un monumento all'abbandono. Lo Stato non può lasciare che le opportunità restino inutilizzate, sprecate. È una vergogna".
Le indagini -
Prosegue intanto nel massimo riserbo il lavoro dei carabinieri, della procura minorile di Napoli e dei pm di Napoli Nord sulle violenze di gruppo che si sarebbero ripetute per mesi sulle due cuginette di 10 e 12 anni. Una quindicina gli indagati, quasi tutti minorenni, alcuni dei quali non imputabili; una decina i telefonini sequestrati su cui si cercano tracce, in particolare i video delle violenze che sarebbero stati usati per ricattare e costringere al silenzio le due bambine. Del branco avrebbero fatto parte anche due figli dei boss delle piazze di spaccio.