
Le condizioni di salute di Matteo Messina Denaro si sono aggravate. Il boss, affetto da un tumore e detenuto in regime di 41 bis nel supercarcere de L'Aquila, è stato ricoverato nel reparto di chirurgia dell'ospedale San Salvatore con imponenti misure di sicurezza. Sin dal giorno del suo arresto, all'interno del penitenziario è stata allestita per l'ex super latitante una stanza dove effettuare i cicli di chemioterapia. Nelle scorse settimane Messina Denaro aveva subito un piccolo intervento per problemi urologici, rientrando però in giornata nell'istituto di pena.
"Ormai Messina Denaro non mangia più, ha difficoltà anche a bere, ha bisogno di un ricovero urgente perché ha bisogno di flebo per essere alimentato", aveva dichiarato l'avvocato difensore Alessandro Cerella. "La sua situazione non è più gestibile dalla struttura nella quale è rinchiuso in regime di 41bis".
Messina Denaro ai pm: "Non mi pentirò mai" -
Intanto, è stato depositato l'interrogatorio in cui il boss, dopo l'arresto, ha negato di aver commesso stragi e omicidi e di ave trafficato droga ma ha ammesso di aver avuto una corrispondenza con il capomafia Bernardo Provenzano. "Io non mi pentirò mai", ha affermato senza esitazioni Messina Denaro, interrogato dal procuratore di Palermo Maurizio De Lucia e dall'aggiunto Paolo Guido.
"M'avete preso per la malattia" -
Nello stesso interrogatorio, l'ex super latitante ha detto a proposito del suo arresto: "Non voglio fare il superuomo e nemmeno l'arrogante, voi mi avete preso per la mia malattia". Il capomafia ha raccontato che fin quando ha potuto ha vissuto rinunciando alla tecnologia, sapendo che sarebbe stato un punto debole. Ma poi ha dovuto cedere.
"La mafia? Conosciuta dai giornali" -
"Io mi sento uomo d'onore ma non come mafioso. Cosa nostra la conosco dai giornali", ha dichiarato ancora Messina Denaro nel lungo interrogatorio reso dopo la cattura. "La mia vita non è stata sedentaria, è stata una vita molto avventurosa, movimentata", ha detto ammettendo la latitanza e di aver comprato una pistola, ma di non averla mai usata e di non aver fatto omicidi e stragi.
"Non ho ucciso il piccolo Di Matteo" -
"Una cosa fatemela dire. Forse è la cosa a cui tengo di più. Io non sono un santo...ma con l'omicidio del bambino non c'entro", ha aggiunto riferendosi all'omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo, il figlio del pentito rapito e sciolto nell'acido.
© Carabinieri|L'immagine dell'arresto del boss, prelevato da una clinica privata di Palermo, è stata diffusa dai carabinieri
© Ansa
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© Ansa|Un'immagine d'archivio dell'attentato di via D'Amelio del 1992, in cui perse la vita il giudice Paolo Borsellino. Inflitte tredici condanne all'ergastolo
© Ansa|Un'immagine d'archivio che mostra la scena dell'attentato in via D'Amelio
© Ansa|L'attentato in via D'Amelio
© Ansa|Un'immagine del luogo in cui furono uccisi il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti di scorta
© Ansa|Il luogo della strage di Capaci, in cui morì il giudice Giovanni Falcone
© Ansa|Il luogo della strage di Capaci
© Ansa|Un'immagine d'archivio che mostra i vigili del fuoco invia dei Georgofili a Firenze il 27 maggio 1993, quando un attentato provocò la morte di cinque persone
© Ansa|Il vigile del fuoco Massimo Salsamo, a sinistra, uno degli scampati della strage di via Palestro a Milano nel 1993, raggiunge il luogo dell'esplosione
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© Ansa|Un'immagine d'archivio che mostra i vigili del fuoco invia dei Georgofili a Firenze il 27 maggio 1993, quando un attentato provocò la morte di cinque persone
© Ansa|Il vigile del fuoco Massimo Salsamo, a sinistra, uno degli scampati della strage di via Palestro a Milano nel 1993, raggiunge il luogo dell'esplosione