In base alle stime Svimez sono circa 3 milioni di lavoratori dipendenti al di sotto dei 9 euro di retribuzione oraria in Italia. Di questi circa un milione sono nel Mezzogiorno dove la loro quota raggiunge il 25,1% degli occupati dipendenti, oltre uno su quattro. Circa 2 milioni vivono nelle Regioni del Centro-Nord dove rappresentano il 15,9% degli occupati dipendenti.
Diminuisce il potere d'acquisto -
Anche la perdita di potere d'acquisto interessa soprattutto il Mezzogiorno in Italia (-8,4%) così come il lavoro povero per effetto della più sostenuta dinamica dei prezzi, contro il -7,5% della media nazionale e il 2,2% della media Ocse. Questa dinamica si colloca all'interno di una tendenza di medio periodo particolarmente sfavorevole al Mezzogiorno. Le retribuzioni lorde reali mostrano una tendenza sostanzialmente stagnante nel Centro-Nord tra il 2008 e il 2019 e in significativo calo proprio al Sud. Nel 2022 le retribuzioni lorde in termini reali sono di tre punti più basse nel Centro-Nord rispetto al 2008; nel Mezzogiorno di ben dodici punti.
Pil in crescita -
La Svimez stima una crescita del Pil italiano del +1,1% nel 2023, con una crescita nel Mezzogiorno (+0,9%) di soli tre decimi di punto percentuale in meno rispetto al Centro-Nord (+1,2%), nelle anticipazioni del rapporto 2023. Queste previsioni si basano sull'ipotesi di un utilizzo parziale delle risorse del Pnrr. Con la piena efficienza del piano, il Pil del Sud potrebbe far segnare già nel 2023 una crescita superiore di circa 5 decimi (fino all'1,4%) e di circa 4 decimi nel Centro-Nord. In seguito, il contributo aggiuntivo del Pnrr tenderebbe ad aumentare più al Sud, fino a chiudere il divario di crescita con il Nord nel 2025.
La stretta della Bce -
Dovrebbe confermarsi, quindi, la capacità dell'economia meridionale di tenere il passo con il resto del Paese anche nell'anno in corso, in un contesto di "normalizzazione" della crescita nazionale dopo la ripartenza sostenuta del biennio scorso. Secondo le stime Svimez, un'ulteriore stretta monetaria operata dalla Bce nel corso del 2023, avrebbe effetti recessivi più intensi al Sud rispetto al Centro-nord contribuendo ad ampliare la forbice nei tassi di crescita tra le due aree di due decimi di punto di Pil. La stretta già in atto infatti, determinando condizioni più restrittive di accesso al credito, hanno avuto un impatto negativo sulla dinamica del Pil nel triennio 2023-2025 di circa 6 e 5 decimi di punto rispettivamente nel Mezzogiorno e nel Centro-Nord.